Metamorfosi


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Per continuare l’attività culturale, anche durante il periodo di pandemia e chiusura al pubblico degli spazi espositivi pubblici, l’Accademia d’Ungheria in Roma ha proseguito nella produzione di cultura e momenti di incontro online.

La mostra Metamorfosi, curata da Francesca Pietracci, ne è un esempio e propone al pubblico una riflessione profonda sul periodo che si sta vivendo ed è visibile online sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell’Accademia d’Ungheria in Roma: https://www.facebook.com/Accadung

Il progetto ha preso origine dal lavoro dell’artista ungherese Erzsébet Palásti, nata a Salgótarján (Ungheria) nel 1972 e residente a Roma da tempo. Le sue opere si basano sulla reciproca influenza di linguaggi primitivi e tecnologici. L’essere umano, con la sua memoria e i suoi simboli, si avvicina e contamina il mondo della tecnica, delle macchine, dei computer e della biotecnologia.

Le opere di Giuseppe Colacino, nato a Soverato (CZ) nel 1992 e che vive e lavora a Torino, rappresentano invece uno stadio embrionale degli esseri viventi, concepiti nella loro complessità e nelle loro possibilità di incontro e trasmutazione. Il suo è un linguaggio minimale, costruito su una specifica grammatica estetica. Esili forme costanti e mutanti percorrono la tela bianca, piccoli esseri neri, fragili e tenaci, vicini e lontani, soli e complementari.

Giosuè Cannizzaro, nato a Palermo 1983 e residente nelle Marche, realizza dipinti di grandi dimensioni nei quali smaschera immagini e simboli dell’inconscio. Il suo è un punto di vista per certi versi malinconico e introspettivo, ma attraverso il quale fa rivivere l’onda fluttuante del dolore e del suo superamento.

Per diversi aspetti questo progetto basato sul concetto di Metamorfosi lega la poetica dei giovani artisti contemporanei Erzsébet Palásti, Giosuè Cannizzaro e Giuseppe Colacino all’Art Nouveau e, in particolare, alle notevoli esperienze presenti a Budapest e note in tutto il mondo come Magyar Szecesszió (Secessione Ungherese). Caratterizzate da ornamenti floreali, animali e di bellezza femminile, le costruzioni ungheresi più rinomate furono realizzate dall’architetto Ödön Lechner, al quale si devono stupendi edifici quali la Banca dei risparmi postali (1899-1901), il Museo di Arti Applicate (1891-1896) e la villa Sipeki-Balázs (1905-1907), mentre il più famoso decoratore e mosaicista fu Miksa Róth (fine ‘800 e inizio ‘900).

Le forme della natura (vegetali, animali e umane) si intrecciano e si trasformano nelle opere contemporanee di questa mostra con linguaggi nuovi, ma sostanzialmente collegati ai concetti delle correnti Liberty. Si tratta di una nuova visione della vita, di esistenze che si fondono con il passato e con il futuro per dare origine a nuove interpretazioni per quanto concerne la progettualità dell’arte inserita all’interno della vita quotidiana (arte, design e moda), della tecnologia (riproducibilità di modelli, simboli e tag) e della poesia (nuovo vocabolario dell’introspezione). È così che ciascun artista, nella differenza degli stili e delle loro possibili applicazioni, si presenta introducendo il pubblico al discorso della metamorfosi.

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