Fino al 7 febbraio 2021, alla Galleria di Palazzo Ducale a Mantova è allestita una ricca antologica dedicata a Gastone Biggi. Costruita intorno a un gruppo di cinquanta opere, partendo dai lavori della fine degli anni ‘50 fino a quelli degli anni 2000, la mostra si configura come una lunga cavalcata che si propone di raccontare il modo in cui l’arte di Biggi si è confrontata con lo spazio naturale e lo spazio mentale. La mostra dal titolo programmatico “Gastone Biggi”.
“Il tempo della natura, gli spazi della realtà”, è a cura di Giovanni Granzotto e Leonardo Conti, in collaborazione con la Fondazione Biggi presieduta da Giorgio Kiaris, ed è organizzata da Il Cigno.
Dalle “Cancellate” del 1957 e dai “Racconti” e “Tempi” del triennio 1958-60, serie che rappresentano le prime anticipazioni di quello che sarà il rapporto di Biggi con la realtà naturale e con la dimensione, anche fisica, dello spazio, prende le mosse un percorso espositivo che si dispiega per affrontare il famoso ciclo dei “Continui”, quello che proiettò Biggi sulla scena pittorica italiana degli anni ‘60 proponendo una nuova visione dell’incontro fra spazio mentale e ritmi naturali. È a partire da questo momento che la sua pittura affronta in maniera sempre più vigorosa le tematiche del colore, in uno stretto confronto con le cromie che ci presenta la natura: nascono così i cicli dei “Variabili”, dei “Ritmi”, dei “Cieli” e dei “Campi”, per poi immergersi nelle atmosfericità ambientali dei cicli delle “Luci” e delle “Suite americane” della fine degli anni ottanta e della prima parte degli anni novanta. Con il passare del tempo il rapporto spazio-natura si fa sempre più percettivo, quasi a sfiorare una dimensione fisica e tattile, con i cicli delle “Costellazioni”, delle “Icone”, delle “Cosmocromie”, degli “Eventi metropolitani”, di “Ayron” e delle “Puntocromie” che introducono pienamente il visitatore negli anni 2000, sotto il segno di una pittura che cerca in maniera sempre più profonda di coniugare citazioni di arte programmata con l’esprit naturel. Che è conclusivamente rappresentato dal tema simbolico dei “fleurs” con cui Biggi chiude il suo lungo viaggio espressivo.