Presso il Palazzo del Podestà di Montevarchi (AR), fino al 31 gennaio 2021 è allestita una mostra dedicata a Ottone Rosai, realizzata a cura di Giovanni Faccenda e promossa e organizzata dal Comune di Montevarchi, nel centenario (1920) della prima personale fiorentina di Rosai, che lo impose all’attenzione del mondo dell’arte, la città di Montevarchi.
Ottone Rosai (Firenze 1895 – Ivrea 1957), uomo dalle travolgenti passioni, fu artista che scelse di leggere le novità del suo tempo alla luce della grande arte del Tre-Quattrocento toscano.
La mostra riunisce cinquanta opere di Rosai, per metà disegni e altrettanti oli. Tutti riferiti ad un momento preciso dell’artista: gli anni tra il 1919 e il 1932, il ventennio tra le due Grandi Guerre.
Le opere provengono tutte da collezioni private e sono presenti tele notissime ma anche opere del tutto inedite, emerse dalle ricerche che Giovanni Faccenda ha condotto nelle collezioni private e nelle case di chi, in Toscana ma non solo, ebbe rapporti con Rosai o con i suoi galleristi ed eredi.
Fra questi il ritrovamento e la corretta identificazione di un straordinario dipinto del 1932 “Baroncelli”, a lungo e in varie pubblicazioni presentato erroneamente come “Paesaggio”, ignorando, dunque, la fondamentale indicazione autografa al verso del quadro, a carboncino, dello stesso Rosai.
Questa mostra nasce proprio dalla volontà di superare una lettura talvolta superficiale e antiquata dell’opera di uno dei maggiori artisti italiani del Novecento, apprezzato da Francis Bacon che nel 1962, durante un’intervista televisiva, lo indica come l’artista che aveva maggiormente attirato il suo interesse.
Dice Faccenda “Una delle maggiori peculiarità di questa esposizione pubblica deriva dalla riscoperta di una decina di capolavori assoluti di Rosai degli anni Venti e Trenta, tutti provenienti da una raccolta privata romana, presenti alla mostra di Palazzo Ferroni, a Firenze, nel 1932, e documentati nel primo volume del Catalogo Generale Ragionato delle Opere di Ottone Rosai (Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 2018), da me curato. Accanto ad essi, le eccellenze più note di un periodo – quello fra le due guerre (1918-1939) – che rappresenta l’aristocrazia della pittura e del disegno di Rosai.
Vi si aggiunga la volontà di superare una lettura esegetica ormai antiquata e limitata dell’opera di questo Maestro fra i maggiori del Novecento, sovente priva dei necessari riferimenti culturali che vi si debbono cogliere (Dostoevskij, Campana e Palazzeschi, fra gli altri) e di una riflessione filosofica che tenga conto delle affinità con il pensiero di Schopenhauer e il pessimismo cosmico di Leopardi.” Nel catalogo che accompagna la mostra, il professor Faccenda documenta, con una scheda, ogni particolare relativo all’eccezionale ritrovamento de “Baroncelli”, aggiungendovi anche un disegno preparatorio che smentisce la tesi del lavoro “en plein air” fino ad oggi conosciuta.
Nello stesso catalogo, inoltre, sono pubblicate alcune bellissime foto professionali a colori di un Rosai in abiti borghesi così come non si era mai visto: sorridente anziché assorto e cupo, disponibile a lasciarsi catturare dall’obiettivo di un fotografo evidentemente amico.
Tra le altre sorprese, vi è il ritrovamento di un vinile nel quale Rosai legge due brani della sua celebre raccolta di racconti “Via Toscanella”.