Markus Schinwald (Salisburgo, 1973), fino al 27 febbraio 2021 espone le sue opere alla Fondazione Coppola di Vicenza in una mostra realizzata a cura di Davide Ferri.
Il titolo, Misfits, traducibile in italiano con il termine “disadattati”, fa riferimento ad alcune delle caratteristiche salienti dei lavori realizzati dall’artista austriaco negli ultimi vent’anni, opere in cui il corpo e la figura risultano corrotti da dettagli inquietanti e bloccati in pose stranianti, in un processo di manipolazione che può toccare anche oggetti d’uso come mobili e suppellettili.
Articolata nei cinque livelli del Torrione, la mostra include interventi di natura installativa e scultorea, così come dipinti e video: un corpus eterogeneo che testimonia l’eclettismo di Schinwald, ma che al tempo stesso lascia emergere in maniera limpida le costanti della sua poetica. Il percorso espositivo si apre con la serie delle Marionettes, un gruppo di dodici bambini raffigurati in pose e atteggiamenti che esprimono un senso di impazienza e lieve ribellione.
Il primo e il secondo livello dell’edificio sono invece dedicati alla pittura di Schinwald, che, nel corso dell’ultimo decennio, è diventata paradigmatica di un approccio teso al confronto, insieme omaggiante e irriverente, con la tradizione pittorica, fondato sulla manomissione di ritratti ottocenteschi di personaggi aristocratici attraverso degli inserimenti stranianti che alterano la sontuosa compostezza delle pose.
La teatralità delle Marionettes e la dimensione sottilmente inquietante dei dipinti si ritrovano anche nei video che occupano il terzo e il quarto piano del Torrione. Orient A e Orient B, questi i titoli delle opere, sono pervasi/sostenuti da atmosfere misteriose e ambigue, e mostrano gruppi di performer compiere azioni prive di senso apparente. Le figure sono alle prese con limiti fisici e movimenti che ne fiaccano i corpi, compiuti sullo sfondo di scenari abbandonati che alimentano il senso di decadenza e grottesca tragicità.
Il repertorio di Schinwald include anche sculture composte a partire dall’assemblaggio di gambe di tavoli in stile Chippendale, allestite nel punto più alto dell’edificio, dove si conclude il percorso ascensionale della mostra e nell’opera dell’artista austriaco, un crescendo che conduce a questa serie di sculture in cui ciò che è familiare assume contorni sinistri: le gambe dei tavoli sono trasfigurate in organismi alienanti che alludono a pose improbabili e gesti delicatamente erotici.
Che si tratti di figure umane o di oggetti, l’immaginario dell’artista tende sempre alla creazione di forme inquietanti e disarticolate.
La mostra offre dunque l’opportunità di uno sguardo ampio sulla poetica di questo artista che, dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia del 2011, occasione nella quale Schinwald rappresentò il proprio paese, propone una nuova mostra personale in Italia, misurandosi con un’architettura carica di suggestioni, in grado di espandere e rilanciare energeticamente l’immaginario dell’artista.