A Bagnacavallo in provincia di Ravenna, presso il Museo Civico delle Cappuccine e il Palazzo Comunale, fino al 15 novembre è allestita una mostra di Fabrizio Dusi, realizzata a cura di Chiara Gatti e Diego Galizzi, che fa riflettere sui temi che hanno scosso le coscienze nei giorni della pandemia. Distanze e solidarietà, barriere e contatti mancati, solitudine e sostegno reciproco.
Artista, pittore e ceramista, che spazia da anni fra vari linguaggi, dalla scultura alle installazioni al neon, Dusi (Sondrio 1974) porta a Bagnacavallo un nucleo importante di lavori recenti e firma una monumentale installazione site-specific: una grande scritta luminosa al neon che scorre sulla facciata del Palazzo Comunale. Scorrono le parole, tratte da una poesia di Rosita Vicari (curiosamente attribuita per molto tempo a Pablo Neruda), che toccano argomenti di grande attualità, come il distanziamento e, viceversa, il desiderio di tornare a riabbracciarci.
All’indomani dell’emergenza sanitaria, il progetto artistico curato da Diego Galizzi e Chiara Gatti riporta l’arte alla sua originaria funzione sociale e pedagogica. Arte come riflesso di un pensiero condiviso. Arte come fonte di stimoli, domande, riflessioni universali. Arte come messaggio e militanza, ma anche arte come presagio e sintonia con la storia.
Oltre all’installazione pubblica che resterà poi patrimonio della città, il percorso al Museo Civico delle Cappuccine parte dal ciclo di “Bla Bla Bla” in ceramica smaltata, personaggi dai profili pop circondati da bollicine di parole vacue, allegoria di una comunicazione difficile, di un vociare senza senso nel mondo caotico delle relazioni odierne. Altri neon (fra cui una grande sagoma luminosa dell’Italia) realizzati ad hoc per la mostra, dedicati in questo caso alle geografie toccate dal virus e allontanate fra loro da una politica di frontiere chiuse, si alternano a una sequenza di dipinti su coperte isotermiche (allusione al tema degli esuli e dei migranti), con le regioni italiane unite da una sorte globale, pur nel dramma dell’isolamento.
Nelle diverse sale del Museo si incontrano un omaggio alla figura di San Michele Arcangelo con un dipinto di grandi dimensioni sempre su coperte isotermiche e una parete intera, rivestita dello stesso materiale, dipinta in loco con l’iconografia di Adamo ed Eva sotto l’albero della Vita. Entrambi accostati a parole modellate in ceramica, ricollegate al tema della mostra: “crying” nel caso del peccato originale e del dolore che ne è derivato, quale segno di condivisione anche nella presa di coscienza di un fallimento universale; “take care” abbinato idealmente alla figura del San Michele, difensore della fede, che protegge e si “prende cura” degli uomini in vista di un destino di redenzione. Queste immagini trovano un corrispettivo in alcuni esemplari di ceramiche inedite, grandi vasi dipinti con i medesimi soggetti degli arazzi.