Accostandosi alla produzione artistica di un autore sarà sicuramente palese un’evoluzione espressiva che asseconda lo scorrere del tempo e l’esperienza che via via viene acquisita sia in ambito umano che professionale; lo stesso stile, da un periodo all’altro, può subire variazioni che ne caratterizzano più precisamente la collocazione storica dando una sorta di consecutio al corpus creativo.
Al contrario di ricerche mirate, generalmente non si indaga oltre la mera e immediata esteriorità dell’opera e la distinzione tra un momento espressivo e l’altro semplificando eccessivamente i passaggi evolutivi e li isola gli uni dagli altri smarrendone il senso e con esso uno strumento fondamentale per comprendere nel modo più ampio possibile cosa è stato l’artista e, con esso, la sua produzione.
Nel caso di un’artista completa e poliedrica come Rachele Bianchi (Milano, 1925-2018) questi aspetti possono risultare ancora più accentuanti e vedere superficiali divergenze espressive che si sviluppano non solo in un ipotetico asse temporale, ma anche su quello delle modalità che vanno dalle opere bidimensionali come i disegni a matita, le chine, gli acquerelli, le tempere fino alle sculture, anch’esse plasmate con materiali molto diversi tra loro: il bronzo, i marmi, la terracotta. Così anche la molteplicità delle caratteristiche risultanze visive che vanno dall’austerità di queste ultime all’esplosione cromatica delle più recenti pitture alle quali si aggiungono impressioni fotografiche o addirittura grafie di vario genere che vanno da frasi a segni ed espressioni matematiche.
Pur in questa varietà l’opera bianchiana è riconoscibile e riconducibile con chiarezza alla sua creatrice che ha tra gli aspetti più salienti del suo lavoro l’incisività e la forza che dal pensiero, passando attraverso il gesto, si cristallizza e imprime perennemente nelle sue opere.
La forza e l’intensità del messaggio dal quale parte il processo creativo viene elaborato con altrettanta potenza da un’emotività spiccatamente sensibile che grazie ad un copioso fluire emozionale riesce a trasporre sui vari supporti, attraverso un gesto vigoroso e deciso, l’inestricabile interazione ragione/passione, anima/corpo, idea/oggetto.
Per questo motivo le opere dell’artista milanese riescono ad essere attraenti e a catalizzare l’attenzione e lo sguardo dei fruitori che si accostano alle sculture: figure che presentano riferimenti formali classici rielaborati in chiave personale e attuale attraverso movimenti e volumi con geometrie ben precise che racchiudono questa grande forza percepita chiaramente, che appare ancor maggiore in una sorta di potenziale esplosivo pronto a deflagrare superando la resistenza di materiali quali il bronzo e il marmo o la pietra che vanno oltre l’essere un semplice supporto, ma sono nel contempo custodi e oculati divulgatori di arte.
Così la scultura “Personaggio”, opera monumentale in bronzo collocata nel cuore di Milano, in via Vettor Pisani, è paradigma perfetto del lavoro dell’artista meneghina.
Imponente e sontuosa, la figura femminile si erge con estrema eleganza in un complesso di linee che attraversano una geometria ben definita e si propagano nello contesto urbano coinvolgendolo e rendendolo esso stesso parte dell’opera. Lo spazio circostante, ricco di storia e di fascino, non è semplicemente sfondo che contorna, ma ambiente interattivo che porta con sé anche elementi passeggeri o fisicamente meno rilevanti quali gli spettatori che acquisiscono e abbandonano il ruolo di membri di uno spazio-opera.
Le soavi fattezze umane si esplicitano delicate da un tronco centrale che si staglia vigorosamente, ma con un movimento inaspettato e fulmineo che restituisce allo sguardo punti di riferimento e geometrie proiettate in un vuoto che diviene, così, pieno.
Allo stesso modo lo sguardo è rivolto altrove, spronando a un’apertura più ampia del campo visivo che non si soffermi al semplice “qui e ora”, ma vada oltre la facile apparenza e l’osservazione della prossimità. Un’espressione che porta in sé i mille motivi della fierezza femminile, per il suo ruolo nella società, per i suoi successi nonostante le difficoltà, per le sue mille esperienze che l’artista ha, a sua volta, vissuto ed elaborato in chiave universale.
Allo stesso tempo le opere pittoriche, partendo dai tratti decisi e dalle ampie stesure dei pigmenti presenti nei primi lavori, giungono ad una vivacità, ad una concentrazione cromatica decisa ed energica che si accompagna ad una gestualità ben presente, ma non preponderante che tradisce l’attitudine della scultrice, pur non oscurando il talento pittorico vitale e moderno. Il colore è materia plasmata sulla tela, pur non sfuggendo dalla bidimensionalità; esso è un richiamo al mondo esterno e allo scorrere di energie invisibili, ma percepite e incastonate in frammenti, fotogrammi pittorici, facenti parte di un percorso unico e in continua evoluzione.
Le forme riprendono i volumi plastici che vengono trasposti e indagati in profondità non solo attraverso le geometrie e l’utilizzo degli spazi bidimensionali con gli elementi tridimensionali del pieno/vuoto, ma anche attraverso i colori. La luce e la sua interazione con i pigmenti è oggetto di studio per la sua azione sulle forme e non solamente sulla vista. La fonte della percezione non necessariamente risponde allo stesso modo del destinatario e per questo l’interazione luminosa assume di volta in volta caratteristiche differenti che più sono funzionali al raggiungimento di un preciso risultato.
L’arte di Rachele Bianchi rappresenta un pensiero più alto della semplice creatività associata a manualità e competenze tecniche, essa è la fusione di questi due elementi con l’interiorità, fattore ancora più intangibile dell’idea stessa, in quanto essa sfugge a qualsivoglia forma di percezione.
La sua ricerca artistica è da sempre fortemente legata ad ambiti che esulano dai confini delle arti visive: la storia, la letteratura, le vicende di attualità politica e sociale interessano e spingono l’artista milanese, grazie alla sua spiccata sensibilità, a continue riflessioni che vengono riportate nella sua attività creativa attraverso richiami più o meno espliciti. La questione femminile e la figura della donna, ad esempio, sono spesso al centro del suo lavoro e vengono indagate sotto vari aspetti e con modalità a volte distanti tra loro che vanno a creare un corpus di opere estremamente complesso, ma pur sempre caratterizzato da una prorompente forza espressiva derivante, oltre che accompagnata, da una estrema profondità del messaggio e del significato intrinseco all’opera stessa.
L’intensità semantica delle opere di Rachele Bianchi sta proprio in questo intreccio di concetto, pensiero, emozione e azione, grazie ai quali l’artista mette tutta se stessa a disposizione del pubblico raggiunto attraverso le proprie opere nelle quali, afferma la stessa Bianchi, “c’è l’anima”: lei stessa ci mette l’anima, lascia un qualcosa di proprio che supera il semplice gesto o “tocco” e rende le sue creazioni creature.