Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli curano la mostra dedicata all’artista americana di origini filippine Trisha Baga (Venice, Florida, 1985) allestita presso Pirelli HangarBicocca fino al 19 luglio prossimo.
L’esposizione riunisce cinque installazioni video che indagano la relazione tra il corpo e l’evoluzione della tecnologia visiva, ripercorrendo la produzione dell’artista, dal suo primo lavoro There is no “I” in Trisha (2005-2007/2020) alla più recente opera 1620 (2020) realizzata per l’occasione. La mostra è un percorso lungo i media che hanno scandito la pratica di Baga, passando dal VHS, al DVD per arrivare al 3D, e affonda le radici nella sua pratica performativa. Gli stessi spettatori sono chiamati ad attraversarla con le lenti stereoscopiche degli occhiali 3D. L’artista presenta inoltre una ricca selezione di ceramiche realizzate dal 2015 e sei lavori della serie Seed Paintings (2017), composti da semi di sesami e da tavole di legno di diverse dimensioni.
Il display della mostra rimanda agli allestimenti caratteristici dei musei di storia naturale, non solo nella presentazione delle opere, ma anche per un approccio classificatorio inconsueto che mette in relazione l’idea di fossile a dispositivi tecnologici, come gli assistenti personali virtuali, creando dei corto-circuiti temporali.
Attraverso il suo sguardo ironico e umoristico Baga riflette sull’eccessivo affidamento e sulle speranze che riponiamo nella tecnologia, rivelandone così gli aspetti più fragili e fallimentari.
Il titolo “the eye, the eye and the ear”, frammenta e particolareggia i sensi attivi nell’esperienza di mostra, in cui gli effetti visivi replicano e richiamano quelli sonori quasi a concepire la narrazione come un organismo vivente.
L’inizio del percorso è rappresentato da una scritta a muro, Orlando (2015-2020). Il testo è un estratto dalla prefazione del libro Half Mile Down del 1926 del naturalista e scienziato William Beebe, in cui viene spiegato il processo di stampa del volume stesso. Baga ha però sostituito alla parola “book” (libro) il termine “man” (uomo), dando vita a un paradossale scambio di identità tra essere umano e oggetto.
Situato subito dopo l’ingresso alla mostra, il “corridoio geologico dell’evoluzione” dei manufatti della civiltà si presenta come una raccolta di oltre trenta ceramiche, realizzate dall’artista dal 2015 a oggi. Cagnolini che sembrano sfingi in miniatura, figure della cultura pop, dispositivi elettronici e oggetti, come telefoni retrò, proiettori di diapositive o microscopi, sono i soggetti di queste sculture.
Sul lato opposto Baga colloca la nuova opera realizzata in occasione della mostra in Pirelli HangarBicocca, 1620 (2020). Questa video installazione si ispira alla leggendaria Plymouth Rock, che rappresenta simbolicamente lo sbarco dei Padri Pellegrini e l’origine degli Stati Uniti d’America.
Il centro dello spazio espositivo è dedicato a due installazioni che hanno avuto un ruolo determinante nel definire il lavoro di Trisha Baga, There is no “I” in Trisha (2005-2007/2020), il suo primo video, e Madonna y El Niño (2010-2020), presentato in una nuova versione in 3D. Di fronte allo schermo di proiezione è posizionata una palla da discoteca, che frammenta e riflette i pixel del video per simulare gli effetti dei mutamenti climatici provocati da El Niño, e che rappresenta le trasformazioni di un corpo-immagine attraente e invitante.
A concludere il percorso è presentato uno dei lavori più recenti, Mollusca & The Pelvic Floor (2018), vicina al linguaggio tipico dei film di fantascienza holliwoodiani.
Come spesso accade nei lavori di Baga, il racconto sullo schermo non ha una fine definita, e si espande entro accostamenti sinestetici, intuizioni e geografie disparate che trascendono universali forme di comunicazione.