“On Identikit” è l’installazione che Massimo Bartolini ha realizzato per l’occasione della riapertura degli spazi rinnovati e restaurati dell’Abbazia di Valserena di Parma, in ambito a Parma Capitale Italiana della Cultura 2020. Promosso dallo CSAC, Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma è anche il primo appuntamento del programma di residenze d’artista Through time e sarà visitabile fino al 22 marzo.
Le opere di Bartolini, spesso pensate a partire da un contesto specifico vivono in stretto legame con l’ambiente che le ospita. L’artista interviene sullo spazio in maniera del tutto antimonumentale, modificandolo, interpretandolo e definendolo. In questo caso, Bartolini è stato invitato a confrontarsi con l’Archivio-Museo dello CSAC di Parma, che conserva oltre 12 milioni di materiali originali della comunicazione visiva, della ricerca artistica e progettuale italiana a partire dai primi decenni del XX secolo. Un patrimonio preziosissimo su cui l’artista ha lavorato interpretando i suoi elementi come fossero note musicali: se accostati gli uni agli altri, fanno intravedere qualcosa di diverso rispetto a quando sono considerati isolatamente.
Nel corso della sua residenza allo CSAC, Bartolini si è focalizzato in particolare sulle opere di due grandi maestri quali Luigi Ghirri e Luciano Fabro, presenti nelle collezioni CSAC.
Nella fase preliminare del progetto, Bartolini si è concentrato sulla ricerca di tutti i dischi in vinile fotografati da Ghirri nella serie “Identikit” (1979), dove l’artista emiliano restituiva in maniera veritiera e implacabile un ritratto di se stesso attraverso quello della propria libreria. Negli scatti fotografici si possono distinguere solo le spine dei dischi e dei libri, il loro contenuto è celato dalla bidimensionalità dell’immagine. I titoli dei vinili, spesso erosi dall’uso e quasi illeggibili sulla spina dei 33 giri, hanno provocato in Bartolini una “curiosità da archeologo”, per poter sfilare finalmente i dischi dalla libreria e ascoltarli, rigorosamente su vinile, in un luogo ben preciso e in compagnia di qualcuno. Questo qualcuno è Lo Spirato di Luciano Fabro (1968-73), opera allestita in una delle cappelle nobiliari della Chiesa dell’Abbazia di Valserena, una scena che per Bartolini sta “a metà tra un letto sfatto ed un letto posseduto” dove il corpo è allo stesso tempo presente e invisibile: al di sotto delle lenzuola c’è una sagoma, che scompare appena fuori da esse, per poi riapparire come presenza sul guanciale deformato dal peso.
La musica è nascosta dentro l’immagine di Identikit come la figura è nascosta dentro il gesso de Lo Spirato. Con il lavoro On Identikit, Bartolini intende fare incontrare l’essere invisibile e presente dello Spirato con l’essere, invisibile per natura, della musica, che risuonerà nei suggestivi spazi della Chiesa.