Giappone. Terra di geisha e samurai


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In mostra a Villa Reale a Monza, dal 30 gennaio al 02 giugno 2020, Giappone.Terra di geisha e samurai, evento organizzato da ARTIKA col Patrocinio del Comune di Monza, Una sorta di viaggio nella cultura e nelle arti giapponesi, a cura di Francesco Morena, attraverso una selezione mirata di opere – databili tra il XIV e il XX secolo, del collezionista trevigiano ed appassionato di arte orientale Valter Guarnieri, oltre ad alcuni Kimono della raccolta di Lydia Manavello, anche lei trevigiana e grande conoscitrice di tessuti asiatici. Il percorso si sviluppa secondo isole tematiche, con una parte centrale dedicata al binomio Geisha e Samurai.

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Come è noto, il Giappone è un paese storicamente popolato da bellissime donne, le geisha, e da audaci guerrieri, i samurai. La classe militare che ha dominato il paese del Sol Levante dal XII alla metà del XIX secolo, se da un lato ha imposto l’autorità politica, dall’altro ha elaborato una cultura molto raffinata la cui eco si avverte ancora oggi in molti ambiti. La geisha, beltà femminile dal volto ovale cosparso di cipria bianca, in abiti elegantissimi e dai modi cadenzati, ha rappresentato per il Giappone un topos culturale altrettanto radicato, dalle dame di corte del periodo Heian – periodo che va dal 794 al 1185 e che prende il nome della capitale del tempo, Heian-Kyo attuale Kyōto,   alle cortigiane vissute tra XVII e XIX secolo, immortalate magistralmente dal pittore e disegnatore giapponese  Kitagawa Utamaro (1753-1806), noto per le sue composizioni di studi di donne denominati  bijn-ga, un artista che meglio di chiunque altro ha saputo restituire  la vivacità dei quartieri dei piaceri dell’antica Edo – l’attuale Tokyo.
Dal mondo degli uomini a quello delle divinità, sintesi di credenze locali e influenze del continente asiatico. Il Buddismo in particolare, è giunto nell’arcipelago dalla Cina e dalla Corea permeando, in modo significativo, il pensiero giapponese, in particolare nella sua variante dello Zen, che in una sezione della mostra è testimoniata da una serie di dipinti in formato di rotolo verticale, raffiguranti Daruma, il fondatore del Buddismo Zen.  Altro focus molto interessante è l’avvicinamento tra arte e cultura giapponese evidenziato nella “quotidianità” del popolo nipponico, come ad esempio il teatro Kabuki quale attività di intrattenimento, all’utilizzo del kimono, e ad una serie di accessori legati al consumo del fumo di tabacco. Molto interessante anche una sezione dedicata al rapporto tra i giapponesi e la natura, che nella dottrina filosofica dello Shintoismo è espressione della divinità.  Nel 1853, dopo due secoli di isolamento, e con la riapertura dei porti commerciali di Shimoda (nella penisola Izu) e Hakodate ( sulla costa meridionale dello Hokkaidō), in pochi decenni il Giappone iniziò lentamente il suo processo di modernizzazione, che abbracciò arte, politica, spaziando dall’abbigliamento, alla decorazione di interni sino alla filosofia. Il mutato scenario portò così molti artisti ad adottare tecniche e stili stranieri, e molti artigiani a produrre opere esplicitamente destinate agli acquirenti forestieri. Gli stranieri che visitavano l’arcipelago molto spesso infatti, incuriositi da quel bel paese misterioso, acquistavano fotografie per serbarne il ricordo. È il caso dello sconosciuto che ha acquisito il nucleo esposto in mostra, ed ha annotato in lingua spagnola, a margine delle fotografie, le descrizioni dei luoghi e delle attività raffigurate nei suoi scatti. A conclusione dell’esaltante percorso espositivo, una sala dedicata ad una delle forme d’arte più complesse e insieme più affascinanti del Giappone, la scrittura, con grandi  paraventi ornati di potenti calligrafie.

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