Il maestro campano dell’arte ceramica, Raffaele Falcone (Montecorvino Rovella, 1956), espone la sua produzione ceramica alla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, fino al 17 febbraio con la mostra intitolata “La Scacchiera Impossibile”, realizzata a cura di Valerio Falcone e Andrea Viliani. Il progetto espositivo, realizzato in collaborazione con Fornace Falcone, è la prima tappa delle celebrazioni dei 100 anni di attività della Fornace.
La mostra è composta da 32 opere, le figure
degli scacchi, tutte realizzate in un unico esemplare e tutte sono realizzate a
mano.
Il primo dei 32 scacchi placa il desiderio dell’artista volto ad indagare
l’affascinante intrigo suggerito dalla forma di un oggetto, a cui viene negata
la destinazione funzionale proprio per far emergere le peculiarità estetiche e
conoscitive intrinseche nella materia ceramica e nei suoi articolati processi
di elaborazione manuale.
Queste opere in maiolica sono realizzate con la tecnica a “colombino”: benché
permetta di modellare qualsiasi forma, essa necessita da parte dell’autore di
un esercizio di precisione e dedizione, che ha origine dal trattamento stesso
della lastra di argilla. I “colombini” sono i lunghi rotolini che vengono
sovrapposti e attaccati uno sull’altro, operando dalla base fino a raggiungere
le altezze e le fattezze desiderate, prima della cottura in forno a 970° o,
come per alcuni degli elementi che compongono la mostra, prima della finitura
con lustri metallici cotti “a terzo fuoco”.
Tutte le opere in mostra sono state prodotte presso l’officina inaugurata da
Raffaele Falcone nel 1987 a Montecorvino Rovella, erede dell’azienda di
famiglia fondata nel 1923, che nel 2023 celebrerà il suo centenario.
La scacchiera prodotta da Raffaele Falcone per il museo Madre, nasce come dalla
“terra-madre”, con i suoi respiri, flussi e campi energetici, ponendosi in uno
spazio-tempo fragile e sospeso tra la realtà e il simbolo. Definendo un operare
che si può interpretare quale tentativo di resistenza al tempo, di
riformulazione dello spazio, di ricreazione della materia naturale, e quale
disseminazione di segni affascinanti che rappresentano la possibilità stessa di
non limitarsi alla propria sola esperienza, ma di aprirsi e accogliere in essa
le molteplici e mutevoli esistenze della materia viva e della conoscenza
antropologica, che essa restituisce attraverso il “fatto a mano”
dell’artista-ceramista.