Promossa dal Comune di Pesaro, Assessorato alla Bellezza, nei Musei Civici della città, Palazzo Mosca, fino al 1 marzo è allestita la mostra “Il diritto di essere deboli. Massimo Dolcini a Parigi nel 1989 per i diritti dell’uomo”.
La mostra è un
omaggio al grafico pesarese Massimo Dolcini (1945-2005), ma è soprattutto
l’occasione per riflettere su temi sociali, temi che hanno caratterizzato
l’intera produzione dolciniana e che sono oggi più che mai contemporanei e
ricchi di spunti per riflettere. Ciò che viene proposto, infatti, è la
mostra ‘Pour les droits de l’homme. Histoire(s) Image(s) Parole(s)”,
organizzata nel 1989 al Museo Beauborg di Parigi dall’associazione Artis 89 e
dal collettivo grafico francese Grapus: un progetto voluto dal Governo Francese
per celebrare il 200esimo anniversario della rivoluzione francese e della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. Allora come
oggi, protagonisti i lavori di 65 progettisti, grandi maestri della grafica
invitati a partecipare da ogni parte del mondo, fra cui Dolcini, appunto, che
rappresentò l’Italia insieme a Pierluigi Cerri e Andrea Rauch.
L’esposizione nasce da una proposta di Luigi Panzieri, selezionata dalla
Regione Marche come ‘evento espositivo di rilievo regionale’, è curata da Mario
Piazza, grafico e architetto, e Jonathan Pierini, direttore di ISIA Urbino. Nel
1989 ad ogni grafico venne donata una copia di tutti i manifesti esposti a
Parigi; ciò che si può ammirare a Pesaro è la serie appartenuta a Dolcini, oggi
nella raccolta Panzieri ospitata nei locali dell’ITET ‘Bramante-Genga’ e
prestata per l’occasione. Il titolo “Il diritto di essere deboli” è stato
mutuato proprio dal manifesto creato da Dolcini: una celebrazione in chiave
quotidiana e ironica, come è tipico del suo stile, della vittoria di Davide su
Golia, e dunque dell’intelligenza (e perché no anche di un po’ di furbizia)
sulla ‘sola’ forza. Accanto alle opere parigine, Palazzo Mosca accoglie una
scelta di manifesti di pubblica utilità che Dolcini realizzò per il Comune di
Pesaro in più di vent’anni di attività: una sorta di ‘piccola’ appendice alla
mostra, un approfondimento localizzato più che locale, che permette di
comprendere come il grafico ha interpretato tematiche sociali di rilevanza
mondiale e come poi queste sono circolate in città.
Il periodo in cui nascono i manifesti della mostra parigina, alla fine degli anni ottanta, è segnato da una forte instabilità politica e da numerosi episodi di violazione dei diritti umani in più parti del mondo. Nonostante i numerosi movimenti per la liberazione dai regimi totalitari e nei domini coloniali, elementi di diseguaglianza permangono anche nei paesi democratici. A questo si uniscono gli allarmi ambientali legati ai rischi del nucleare e al deterioramento delle condizioni del pianeta di cui si acquista maggiore consapevolezza. In un simile scenario, in evidente contrasto con le spinte di modernizzazione che provengono dalla società civile, sia sul fronte politico che su quello culturale e tecnologico, emerge l’urgenza di ribadire quei diritti fondamentali dell’uomo che non possono essere dati per scontati.