Nina Haab. Il molteplice ridiventa uno


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Alla Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo (CN), fino al 12 gennaio 2020 è allestita la mostra personale dell’artista svizzera Nina Haab, realizzata dall’Istituto Nazionale d’Arte Contemporanea, presieduto da Anselmo Villata, a cura di Elisa Rusca.

La curatrice della mostra, nella sua presentazione precisa che: “Nina Haab esplora il tema della memoria e il significato del ricordare, le identità che si trasformano, sbiadiscono, si cancellano lungo il passare del tempo e i cambiamenti storici, così come i labili confini tra il vero e il rimembrato, l’immaginato e il sogno. Per Haab non è molto importante definire il vero: la affascina capire i meccanismi interni che ci portano a interpretare ciò che percepiamo come vero.”

Nina Haab, Missive, 2017

Tutto ciò è espresso in questa mostra, prosegue nella sua spiegazione Elisa Rusca, che: “… si articola su tre isole di parti di mobili in legno scomposti di diversa forma, dimensione e uso: l’anta a specchio di un vecchio armadio, un baule, parti di sedie. Poggiati su vecchi tappeti, questi oggetti vengono ricombinati tra loro, raramente mantenendone la posizione originale, in modo da creare poetiche composizioni scultoree. Ogni elemento ligneo viene lavorato dall’artista che ne erode la superficie per potervici disegnare a matita un’immagine tratta da una fotografia pre-esistente. Non assistiamo, però alla semplice copia: di volta in volta l’originale viene modificato, e uno o più dettagli vengono omessi in questa traslazione. Un volto sparisce, una figura si dissolve: dimenticanza o presenza spettrale? La fotografia trasferita sulla scultura si accompagna sempre a un elemento testuale aggiunto dall’artista, lontano dall’illustrazione. Non a guisa didascalica, bensì piuttosto come un ulteriore indizio narrativo fornitoci per risolvere il mistero dell’immagine.

Le due sculture di Vue sur Jersey sono invece completate dalla presenza di sassi e di una massa di sabbia bianca, elementi naturali che si riferiscono alle spiaggia della Normandia a cui questa serie fa riferimento, precisamente a circa 3 km di litorale tra Pirou Plage e Armanville, luoghi che, come le Langhe, istantaneamente ci fanno pensare alla Seconda Guerra Mondiale e alla Resistenza.

Attraverso la sua pratica artistica, Nina Haab ci dice che il dimenticare non esiste: poiché impossibile è il ricordare. Possiamo quindi solo vivere di costruzioni temporanee che nella loro frammentarietà hanno il senso dell’assoluto deleuziano: è nella consapevolezza dell’impossibilità di univoche, lineari certezze, e nell’esistenza di molteplici narrazioni che coesistono, si aggrovigliano, si avviluppano, che possiamo, forse, percepire la sensazione di fare parte di un tutto più grande di noi.”

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