A Palazzo dei Diamanti di Ferrara, a partire dal 1 dicembre e fino al 13 aprile 2020, è allestita una mostra dedicata a Giuseppe De Nittis che promette essere “una mostra originale e non l’ennesima riproposizione di una retrospettiva sul grande artista di Barletta”, realizzata a cura di Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Hélène Pinet.
Organizzata
dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea,
in collaborazione con il Comune di Barletta, la mostra nasce dal rapporto di
interscambio culturale instauratosi tra due istituzioni civiche simili per
storia e natura: il Museo Giovanni Boldini di Ferrara e la Pinacoteca De Nittis
di Barletta.
Per mantenere la sua promessa di originalità, questa mostra intende rileggere
la parabola creativa dell’artista da una prospettiva che evidenzia
l’originalità della sua arte e il suo modo, per certi versi inedito, di
guardare la realtà e tradurla con immediatezza sulla tela per mezzo di
inquadrature audaci, tagli improvvisi, prospettive sorprendenti affiancate a
una sapiente resa della luce e delle atmosfere. Che si tratti di paesaggi
assolati del sud Italia, di ritratti o delle affollate piazze di Londra e
Parigi, De Nittis ha lasciato una serie di istantanee che rappresentano il
mondo nel suo apparire fugace e transitorio, partecipando attivamente a quel
“nuovo sguardo” che apre la strada alla modernità.
Pur senza dimenticare le esigenze del mercato e facendosi interprete del gusto delle esposizioni universali, attraverso un linguaggio teso alla sperimentazione e una sensibilità ottica affine a quella degli amici Manet, Degas e soprattutto Caillebotte, De Nittis ha abbracciato quella “rivoluzione dello sguardo” che segna l’avvento della modernità in arte, a cui nella Parigi di fine Ottocento contribuisce il confronto tra la pittura e i codici della fotografia e dell’arte giapponese che De Nittis studiò e collezionò.
A confermarlo, in mostra, è l’affiancamento dei suoi dipinti a fotografie d’epoca firmate dai più importanti autori del tempo: da Edward Steichen a Gustave Le Gray, da Alvin Coburn a Alfred Stieglitz, oltre ad alcune delle prime immagini in movimento dei fratelli Lumière. Prende vita così un percorso scandito da centosessanta opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private d’Italia e d’Europa, volto a mettere in evidenza il contributo dell’artista alla comune creazione del linguaggio visivo della modernità.
La rassegna è accompagnata da un catalogo illustrato che approfondisce alcuni temi ancora poco indagati come il rapporto tra l’artista e la fotografia coeva, l’interazione con le dinamiche del mercato che hanno segnato la fin-de-siècle e il ruolo decisivo della moglie Léontine nella carriera del pittore.