«Sono trascorsi trent’anni dalla scoperta degli affreschi nello Studiolo del Pordenone. Oggi si realizza il sogno di mostrare per la prima volta le bellezze racchiuse nella Casa del Pordenone e di consegnare al pubblico la testimonianza dell’operato dei protagonisti che hanno contribuito alla valorizzazione di questo luogo», così ha dichiarato Alberto Magri “figlio d’arte”, classe 1987, artista, restauratore e illustratore.
Giovanni Antonio de’ Sacchis ( 1483ca -1538), al quale quest’anno Pordenone, la sua città natale, ha dedicato una stupenda mostra “ Il Rinascimento di Pordenone con Giorgione,Tiziano, Lotto,Bassano,Tintoretto” con la curatela di Caterina Furlan e di Vittorio Sgarbi on air sino al 02 febbraio 2020 presso la Galleria d’Arte Moderna-Parco Galvani, nel 1514 acquistò alcuni vani della casa, per poi – nel 1530, ristrutturarne l’intero edificio col fratello Baldassarre, anch’egli pittore e maestro murarius, come da tradizione della famiglia Sacchiense. La prima porzione di questa abitazione fu proprio quella riconosciuta dallo storico Giulio Cesare Testa nel 1994, quale :”Studiolo” ubicato al secondo piano della parte sud-est, grazie ad un ampliamento quattrocentesco sul volto della “Ruga degli Andadori”, per il controllo della Porta Orientale della città. Fu lì che il Pordenone dipinse il noto ornamento, così descritto da Roberto Castenetto del Centro Culturale Del Noce nel volume “La casa del Pordenone. Illustrazione dei luoghi ritrovati”, riprendendo un testo di Charles Cohen del 1996 :«Il fregio piuttosto ampio, che è coperto da un’ampia trabeazione illusionistica, consiste in episodi mitologici con piccole figure ( non sempre indentificabili con certezza) in distese di paesaggio con, (apparentemente) vedute di edifici urbani di Pordenone, i quali sono tutti separati da sfingi monocrome». I soggetti mitologici degli affreschi, scoperti da Giancarlo Magri nel 1989 nell’antico fabbricato di Via San Marco a Pordenone, e da lui stesso attribuiti a Giovanni Antonio, sono costituiti da tre scene con le figure di Tantalo e Sisifo a Nord-Ovest, a Ovest –nella parete che dà su Via San Marco- Ercole che uccide il leone di Nemea, mentre su quella a Sud-Est, che si affaccia sul fiume Noncello, è raffigurata Giunone sospesa in cielo. Questi soggetti mitologici rappresentano, in forma allegorica, la condizione terrena degli esseri umani dopo il peccato originale e l’impossibilità di soddisfare i propri desideri con le proprie forze, come nel caso di Tantalo, che cerca di prendere i frutti che gli sfuggono pero’ continuamente di mano. Tantalo personaggio della mitologia greca, re di Lidia, per i suoi numerosi peccati fu punito e gettato dagli dei in un supplizio nel Tartaro profondo e oscuro, così come Sisifo condannato nell’Ade a spingere per l’eternità un enorme masso verso l’alto sino alla vetta, che poi ricade e rotala continuamente a valle. Tra le altre rappresentazioni Ercole che uccide il Leone di Nemea o Leone Nemeo che sta a significata la vittoria di Cristo sul male, ed infine la nuova vita nella grazia, con Giunone, inizialmente punita da Zeus e destinata a rimanere appesa in cielo, ma poi graziata.
A 30 anni dalla scoperta di questi capolavori, grazie al grande lavoro di restauro di Giancarlo Magri, con lo scopo di far conoscere questo importante sito storico, e’ stato prodotto il volume”La Casa del Pordenone. Illustrazione dei luoghi ritrovati” a cura del Centro culturale Augusto del Noce ed edito dalla Libreria Al Segno con alcuni saggi sulla Casa Sacchiense di Giancarlo Magri, Carole Bidinot, Giulio Cesare Testa, Roberto Castenetto, Giordano Brunettin, Angelo Crosato e una serie di tavole di Alberto Magri.