È l’Annunciazione di Filippino Lippi l’opera che sarà esposta a Palazzo Marino per le festività natalizie


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Come è ormai tradizione, anche quest’anno Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale di Milano, ospita per il periodo natalizio un grande capolavoro dell’arte. Si tratta di prestiti temporanei di opere che provengono dalle più importanti collezioni e istituzioni museali del mondo. Se in passato era toccato a Caravaggio, Raffaello, Canova, Georges de La Tour, Rubens, Piero della Francesca e Tiziano, protagonista delle festività imminenti è l’Annunciazione di Filippino Lippi che sarà esposta in Sala Alessi dal 29 novembre 2019 al 12 gennaio 2020 nella mostra curata da Alessandro Cecchi. 

Filippino Lippi (Prato, circa 1457 -Firenze, 1504), Angelo Annunziante, 1483 – 1484, tempera su tavola, diametro 162 cm con cornice, 110 cm senza cornice Cornici originali in legno intagliato, dipinto, argentato e dorato, San Gimignano, Pinacoteca

“Morto è il disegno or che Filippo parte da noi: stracciati il crin flora, piangi Arno; non lavorar pittura, tu fai indarno che il stil hai perso, e l’evenzione, e l’arte”. È l’epitaffio che Giorgio Vasari nelle “Vite” del 1550 dedica a Filippino Lippi (1457-1504), artista che ebbe tra i suoi meriti quello di rinnovare la pittura toscana, inserendovi elementi presi da quella romana, come ad esempio le grottesche. Erano gli anni in cui a Firenze predicava Girolamo Savonarola e i Medici non stavano vivendo un momento sereno per la loro casata.

Nato con ogni probabilità a Prato, Filippino, chiamato così per distinguerlo dal padre Filippo (frate carmelitano, la cui storia d’amore con la monaca Lucrezia Buti fece molto scalpore), in gioventù ebbe come punto di riferimento Sandro Botticelli dal quale fu a bottega. I suoi primi lavori risentono parecchio dello stile tipico del suo maestro, in particolare per quel che concerne il disegno. Tuttavia, se i soggetti di Botticelli sono genuinamente classici, ovvero si attengono a un determinato canone, quelli di Filippino, soprattutto dopo aver maturato un proprio linguaggio, posseggono elementi di fantasia e di irrealtà che li rendono assai riconoscibili.

«…fu maravigliosa cosa a vedere gli strani capricci che egli espresse nella pittura», scrive ancora il Vasari citando «vasi, calzari, trofei, bandiere, cimieri, ornamenti di tempii, abbigliamenti di portature da capo, strane fogge da dosso, armature, scimitarre, spade, toghe, manti et altre tante cose diverse e belle». Senza dimenticare le grottesche, diffuse dopo la scoperta della Domus Aurea e subito divenute ornamento permanente, prima in pittura e poi in scultura.

Tra i lavori da ricordare di Filippino Lippi troviamo il completamento degli affreschi di Masaccio nella Cappella Brancacci al Carmine e, sotto raccomandazione di Lorenzo il Magnifico, la decorazione della Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma (1488-1493) e la Cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze, quest’ultima testimonianza del soggiorno nell’Urbe, col suo vasto repertorio mutuato dall’archeologia.

Come detto, a Palazzo Marino sarà esposta l’Annunciazione, dipinta da Filippino in due grandi tondi raffiguranti l’Angelo annunziante e l’Annunziata. Entrambi provengono dalla Pinacoteca Civica di San Gimignano. I Priori e i Capitani guelfi commissionarono l’opera all’artista nel 1482 per la sede del Municipio. Una committenza laica e anche politica quindi.

A quell’epoca la turrita città toscana era ben lontana dalla potenza espressa nel Duecento, quando si formò la struttura urbana che conosciamo ancora oggi. Dopo il soggiorno di Dante Alighieri, come ambasciatore della Lega Guelfa, nel 1300, San Gimignano conobbe un periodo di crisi, culminata con la peste del 1348 (la stessa che spense gli ardori di Siena). Nonostante ciò grandi artisti continuarono a frequentarla: Benozzo Gozzoli, Pinturicchio, Benedetto da Maiano, Antonio del Pollaiolo, Ghirlandaio, Pier Francesco Fiorentino e, appunto, Filippino Lippi.

I due tondi in questione furono realizzati tra il 1483 e il 1484, quando Filippino, allora allievo di Sandro Botticelli, aveva 26 anni ed era già impegnato in importanti committenze tra cui la Cappella Brancacci a Firenze. Il tondo con l’Angelo Annunziante presenta il soggetto principale inginocchiato su un pavimento in prospettiva centrale, mentre quello con l’Annunziata appare più arioso e luminoso grazie alla luce riflessa in diagonale. Le cornici in legno intagliato, dipinto, dorato e argentato furono realizzate sei anni più tardi probabilmente da Antonio da Colle, attivo a San Gimignano nella seconda metà del Quattrocento. 

Teniamo conto che i due tondi furono dipinti quando ancora l’influenza di Botticelli su Filippino era forte e qui resa evidente dal trattamento del disegno, delle ambientazioni e dai colori. La personalità dell’artista cambia radicalmente dopo il viaggio romano, sebbene echi botticelliani si troveranno sempre in lui, ma mai in modo pedestre, bensì ragionati in modo critico e originale. Bernard Berenson chiamava Filippino Lippi “amico di Sandro”, ma noi, dovendo scegliere, preferiamo schierarci dalla parte del Vasari che quattro secoli prima aveva scritto parole di simpatia e di elogio nei confronti di Filippino il quale alla morte fu pianto con sincerità da tutti i fiorentini.

Ricordiamo infine che la mostra di Palazzo Marino quest’anno proseguirà idealmente in altri due luoghi. Dal 30 novembre al 12 gennaio sarà possibile ammirare due opere provenienti dalle collezioni civiche del Castello Sforzesco: L’Adorazione dei pastori, di Paolo Caliari (bottega del Veronese), che sarà esposta prima presso villa Scheibler (Municipio 8) dal 30 novembre al 20 dicembre, e poi presso l’Emeroteca di via Cimarosa (Municipio 7) dal 21 dicembre al 12 gennaio; L’Annunciazione, di Carlo Francesco Nuvolone, che sarà allestita prima presso Cascina Turro (Municipio 2) e a seguire presso l’Auditorium Cerri (Municipio 3), con date in corso di definizione. 

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