Un ciclo di 27 trittici in legno e foglia d’oro che svela le immagini realizzate da Chiara Dynys a Beirut, tra le strade di Sabra e Shatila, è la mostra ospitata nella Sala delle Quattro Porte del Museo Correr di Venezia fino al 24 novembre prossimo. Curata da Gabriella Belli su un progetto MUVE Contemporaneo, promosso dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, questa carrellata presenta una riflessione sull’infanzia che resiste, senza perdere incanto e ingenuità, persino laddove la vita sembra riservare solo pericolo e miseria.
Ognuna di queste
composizioni contiene le immagini catturate tra le strade di questi “ghetti” di
paura e di isolamento in cui l’artista, tra giocattoli e sorrisi, riesce a
riscoprire i segni e la meraviglia di un’infanzia vissuta in una apparente e
disarmante normalità.
Le opere in mostra raccontano di una bellezza autentica e primordiale. Le
immagini, incastonate all’interno di scrigni preziosi ispirati ai polittici
delle chiese, ai tempietti buddisti e alle cornici che contengono le parole del
Corano, diventano testimonianze profondamente religiose, espressione di una
fede che non è cristiana, musulmana o buddhista, ma fa parte di una religione
universale.
Questo progetto entra in naturale sintonia con la dimensione sacrale dello
spazio, segnato dalla presenza del particolare rilievo cinquecentesco “Madonna
col Bambino”, realizzato da Jacopo Sansovino. Al centro della sala, una grande
installazione con una teca di cristallo, attraversata dalla scritta in oro “Non
c’è nulla al di fuori”, tratta dal pensiero di Sant’Agostino, diviene paradigma
tra il dentro e il fuori, in un confronto diretto con l’integrità interiore che
caratterizza l’infanzia al centro delle opere.
La mostra, resa possibile anche grazie al supporto di Mario Aite e Renata
Zoppas e alla collaborazione della VAF-Stiftung, conferma l’impegno della
Fondazione Musei Civici di Venezia nell’ambito della riflessione sui problemi
emergenti della convivenza civile e si pone in linea con le precedenti
esposizioni dedicate a due artiste di assoluto rilievo internazionale come
l’americana Jenny Holzer e l’iraniana Shirin Neshat, che hanno presentato
lavori rivolti a problematiche di forte caratura sociale.