Sean Scully. Long Light


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A Villa Panza di Varese è aperta al pubblico, fino al 6 gennaio 2020, la mostra dedicata a Sean Scully intitolata “Long Light”, realizzata a cura di Anna Bernardini, direttore della Villa, che riunisce 60 opere dai primi anni Settanta a oggi ripercorrendo per la gran parte la produzione dell’artista statunitense di origine irlandese.
La sua poetica, espressiva e minimalista allo stesso tempo e la sua ricerca sul colore, il gesto, gli equilibri, le geometrie e la luce si sposano perfettamente con la sensibilità etica ed estetica di Giuseppe Panza creando un’affinità elettiva.

Sean Scully, Happy days

Il percorso di visita si snoda tra le sale della villa al primo piano fino alla grande Scuderia del piano terra dove le opere ripercorrono circolarmente e quasi per intero la produzione dell’artista in un serrato incontro-scontro tra astratto e figurativo, a partire dai primi lavori su carta fino ai più recenti (la serie Eleuthera), dove le forme di matissiana memoria riaffiorano sulla tela. L’itinerario di visita si conclude poi nel parco con un inedito site specific che entrerà a far parte della collezione permanente: giocando con preziosissimi Landline di vetri, appositamente realizzati per l’occasione, Scully trasforma la serra del giardino, di epoca Portaluppi, in un raffinato e riflettente ambiente di luce e colore.

Le opere in mostra, carte, fotografie, installazioni e dipinti dalla superficie vibrante, creano una corrente che pulsa attraverso le stanze della villa generando una sensazione di ipnotica seduzione. Dai primi acrilici su tela degli anni Settanta, come Backcloth o East Coast Light 2, che Scully definisce “supergriglie”, intricate trame di linee spesso riccamente colorate che creano illusioni spaziali, seguono i neri monocromi, come Upright Horizontals Red Black, dove per l’artista il nero non è un vuoto o un’ombra, ma un colore e dove l’equilibrio tra sensualità e austerità è alterato in favore della prima, fino ai Doric composizioni architettoniche distribuite per piani verticali e orizzontali rese evanescenti da un ardito tonalismo che attraverso la sovrapposizione di piani cromatici, trasmettono l’intensità materica del colore. Si giunge poi alla serie dei Passenger che, descrivendo dipinti nel dipinto e paesaggi dentro a paesaggi come finestre aperte sul mondo esterno, riconducono l’osservatore al dispositivo dell’opera come “finestra” che collega l’interiorità e l’esteriorità che tanto attrasse Panza durante le sua ricerca collezionistica.

Ancora una imponente serie di Landline, espressive e ardite partiture di colori in linee orizzontali, attivano un movimento poetico che va al di là dell’astrazione e dove i contorni dei paesaggi si distendono e sfumano per rivelare la dimensione emozionale, fisica e personale di esperienze, traumi e memoria. Infine, è esposto un trittico della serie di Eleuthera che descrive suo figlio Oisin sulla spiaggia alle Bahamas dove la figura umana viene raccontata nel cuore di una sintassi precedentemente astratta. Volgendo poi lo sguardo dai quadri alle fotografie si scoprono lavori complessi che restano al margine di una ricerca pittorica e che tuttavia ne alimentano le suggestioni.

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