Fino al prossimo 16 giugno, a Palazzo Merulana di Roma è esposta la mostra “Giacomo Balla. Dal Futurismo astratto al Futurismo iconico”, realizzata a cura di Fabio Benzi e incentrata sul famoso dipinto “Primo Carnera” del 1933, un’opera dipinta sui due lati, con da una parte “Vaprofumo” del 1926, che rappresenta appieno il futurismo balliano dell’epoca e sul verso “Primo Carnera” che si ispira a una foto di Elio Luxardo pubblicata sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport nel 1933, quando Carnera diventò Campione del Mondo.
Questa mostra si propone di indagare un particolare passaggio di stile della produzione del pittore torinese, partendo proprio dal ritratto di Primo Carnera, in cui è emulata la retinatura della stampa, e dal suo stesso retro il cui soggetto è, invece, tipicamente futurista caratterizzato da forme chiare, colori tenui, metallici e dorati, che evocano l’impressione olfattiva che si sprigiona da un flacone di profumo.
Si tratta inequivocabilmente di un confronto intenzionale, e per l’epoca straordinario, con i mezzi di diffusione di massa dell’immagine: elemento fondante, molti anni dopo, dell’universo figurativo della “pop art” americana.
È evidente che Balla studiasse un possibile sviluppo e
rinnovamento del Futurismo trovando ispirazione, in sintonia con la sensibilità
della gente, nell’immaginario suscitato dal cinema, dalla fotografia di moda e
di attualità, che quotidianamente si sfoglia su riviste patinate, che è
simultaneamente guardata e imitata da milioni di persone.
L’“avanguardia” del gusto è una sorta di immaginario di massa, di “avanguardia
di massa”, concetto che egli sottolinea in un proclama futurista pubblicato nel
1930.
La mostra si propone quindi di indagare questo passaggio di stile, che sperimenta immagini che si associano fortemente, quasi violentemente, a quelle dei media dell’epoca, alla nascente iconicità dei divi mediatici.
In mostra sono riunite, oltre ad alcuni dipinti più esplicitamente futuristi eseguiti negli stessi anni, le opere eseguite con quella tecnica a “retinatura”, mettendole a confronto con le immagini dei divi, realizzate da grandi fotografi come Luxardo e Ghergo, e con le riviste dell’epoca.
Giacomo Balla (1871–1958) è tra i primi protagonisti del divisionismo italiano, senza aderire pienamente al programma dei suoi massimi esponenti. Diviene poi un esponente di spicco del Futurismo, firmando con Marinetti e altri tra cui Boccioni, Carrà e Russolo, i manifesti che sancivano gli aspetti teorici del movimento, il primo nel 1909 e in particolare nell’anno seguente, il Manifesto dei pittori futuristi. Dopo diversi anni di coinvolgimento attivo, nel 1937 scrive una lettera al giornale Perseo con la quale si dichiara estraneo alle attività futuriste: le opere degli anni ‘30 sono contrassegnate da un ritorno, seppur innovativo, alla figurazione.