La mostra dell’artista olandese Theo Jansen, con i suoi bizzarri animali, è ospitata al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano fino al 19 maggio prossimo.
Sono qui esposte le sculture, che Jansen ha chiamato Strandbeests, ossia animali da spiaggia, che sembrano animate di vita propria grazie ad un gioco di pompe elettriche, pistoni e aria compressa in bottiglie di plastica riciclata, in sostituzione del vento. In realtà sono strutture complesse, fatte di tubi, capaci di reagire alle condizioni ambientali, immagazzinando energia eolica e cambiando direzione quando percepiscono l’acqua. Si tratta di meccanismi semplici, basati però su basi fisiche e ingegneristiche e con sensori in grado di adattarsi alle condizioni ambientali.
Quando vengono liberati in riva al mare l’energia eolica gonfia le vele di cui sono dotati, dando inizio a scorribande sinuose. Precisa l’artista: “Ogni anno cerco di farli più solidi e resistenti alle intemperie e alle tempeste, inseguendo l’utopia di lasciarli più forti alla fine della mia vita”, ma capaci di evolversi da soli e di vivere un’esistenza autonoma.
Partner della mostra è l’azienda Audermars Piguet, che nei complessi movimenti meccanici sviluppati da Jansen trova un legame con la maestria tecnologica della propria tradizione orologiera.
Le ispirazioni artistiche di Theo Jansen iniziano all’età di 11 anni giocando con una cerbottana e proseguono nel tempo con la sua fascinazione per Leonardo da Vinci, dopo la visione di un documentario; quelle macchine volanti gli avevano fatto sognare di fare il pilota, invece si dedicò agli studi di fisica, all’Università di Delft. Studi che gli fornirono tutti gli strumenti per avviarsi in un’avventura che lo avrebbe portato lontano, paleontologo del fantastico, tra scheletri di animali apparentemente preistorici, scaturiti solo dalla sua creatività.
Il casuale incontro ravvicinato con particolari strutture, simili a scheletri, approntate per proteggere la costa dal mare, decise di impiegare per le sue creazioni i tubi in pvc, usati per il cablaggio e così ebbe inizio la sua vera avventura artistica.
In quei tubi poco costosi, leggeri ma resistenti, che si potevano facilmente piegare con il calore, connettere e articolare, legati da fascette serrafili e nastri adesivi, l’artista già aveva individuato i contorni di una sua zoologia bizzarra. Animali, a volte un po’ dinosauri, a volte bruchi giganti, a volte enormi insetti in marcia compatti, pieni di zampe, in continua evoluzione ad ogni stagione, designati da nomi che richiamano le classificazioni in latino dei naturalisti dell’800.
Una mostra al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano è la consacrazione ideale del suo lavoro.