Andy Warhol. L’alchimista degli anni Sessanta


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Andy Warhol-Ladies and Gentlemen, 1975, acrilico su tela, 35,2x28cm

All’Orangerie della Villa Reale di Monza (MB), fino al 28 aprile sono esposte 140 opere del padre della Pop Art, Andy Warhol, in una mostra curata da Maurizio Vanni, prodotta dal Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e dall’Associazione Culturale Spirale d’Idee in collaborazione con l’Associazione Culturale Metamorfosi, col patrocinio del Comune di Monza e della Regione Lombardia, con la partecipazione nel catalogo della The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts.

La rassegna ripercorre l’universo creativo del Maestro, attraverso le icone più riconoscibili della sua arte, dalle serie dedicate a Jackie e John Kennedy a quelle consacrate al mito di Marilyn Monroe, dalla osservazione critica della società contemporanea, attraverso la riproduzione seriale di oggetti della quotidianità consumista, all’analisi dei altri aspetti come la musica o la rivoluzione sessuale.

Per la sua epoca, Andy Warhol ha rappresentato la figura di un moderno alchimista. L’artista trasforma la materia in forma che incontra il colore e la superficie per poi unirsi alla luce, alla bellezza suprema. Obiettivo sia del pittore che dell’alchimista è quello di trasformare la realtà nella sua espressione più alta.

A dare corpo ed enfasi al percorso espositivo c’è una sezione dal titolo “Il consumismo con gli oggetti del quotidiano e della serialità”. Interprete tra i più lucidi del suo tempo, agli inizi della sua carriera, Andy Warhol vedeva nell’oggetto di consumo di massa, il simbolo dell’immaginario popolare di cui si nutriva la Pop Art e qui testimoniato dalle serigrafie delle lattine di zuppa Campbell, del detersivo Brillo, e delle banconote di dollari americani.

L’esigenza di una produzione seriale e la volontà di ripetere i soggetti con rapidità, portò Warhol a sperimentare la tecnica della serigrafia fotografica, un procedimento che modificò il suo approccio all’arte visiva. Si tratta di un sofisticato processo di stampa nel quale un’immagine fotografica trasferita su una superficie di seta poteva essere velocemente duplicata su tela distendendo la stoffa sulla superficie da imprimere e, successivamente, applicando pittura o inchiostro con una spatola di gomma. 

Suggestiva è la sezione che si occupa dei “Miti oltre il tempo”. L’occasione per sfruttare al massimo le opportunità legate alla serigrafia fotografica fu data dalla morte di Marilyn Monro e nell’agosto del 1962; appena saputa la notizia, infatti, Warhol decise di realizzare una serie di opere utilizzando una foto pubblicitaria in bianco e nero tratta dal film “Niagara” del 1953. A Villa Reale s’incontrano alcune di queste serigrafie, accanto a quelle della serie Jackie, ovvero le immagini di Jacqueline Kennedy, colte durante il funerale del marito John Fitzgerald Kennedy. Il presidente degli Stati Uniti è inoltre il protagonista di Flash, undici serigrafie che raffigurano la rappresentazione mediatica dell’assassinio del 22 novembre 1963. 

“Da producer a ideatore di cover” documenta la passione di Warhol per la musica, sia essa rock, jazz, pop, lirica, di cui fu produttore, come nel caso dei Velvet Underground di Lou Reed e Nico, o creatore di copertine, come quelle di artisti quali Diana Ross, The Rolling Stones John Lennon, Aretha Franklin, Miguel Bosé, Loredana Bertè e altri.

Mentre negli anni Sessanta le figure ritratte mantenevano personalità e caratterizzazione fisiognomica ancora definita, nei lavori degli anni Settanta, Warhol utilizzava procedimenti più neutrali, anonimi e meccanizzati per arrivare ad avere una precisione inespressiva priva di intensità emotiva. Il suo obiettivo era quello di scoprire la verità e non la realtà, quell’essenza del mondo e delle cose che può giungere all’uomo solamente attraverso i mezzi di comunicazione di massa. In “Personaggi celebri. A uso e consumo” si trovano ritratti di Muhammad Alì, Mao Tse-Tung o la nuova serie di Marilyn, o le immagini di altre personalità quali Leo Castelli, David Hockney, Man Ray, realizzate agli inizi degli anni Settanta, caratterizzate da un deciso aumento di interventi diretti, di tratti e di colore, attraverso pennelli e dita sulla carta, o ancora di Liza Minnelli, Truman Capote, Carolina Herrera, della seconda metà del decennio, contraddistinte da una stesura omogenea di colori vivaci e volti che, in relazione alla proporzione con lo spazio, risultavano molto più grandi del reale.

La mostra continua con la sezione che analizza la “Rivoluzione sessuale” di cui Warhol fu testimone e uno dei principali artefici della liberazione dei costumi, attraverso la famosa serie “Ladies and Gentleman” del 1975. A queste si aggiungono le foto di Makos che ritraggono Warhol in abiti femminili e la proiezione del film “Women in revolt” del 1971, prodotto da Andy Warhol, girato nella New York del fermento della rivoluzione sessuale.

Il percorso si chiude con la proiezione dell’ultimo film girato da Andy Warhol del suo viaggio da New York a Cape Code nel maggio del 1982.

La mostra è corredata da un volume (Silvana Editoriale) con testi del curatore, e testimonianze di Vladimir Luxuria, per gli aspetti legati alla rivoluzione sessuale e dei Nomadi, per quelli connessi alla musica e di Pietro Folena e Francesco Gallo Mazzeo.

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