Presso le Collezioni Comunali d’Arte, Palazzo d’Accursio a Bologna è aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2019 una mostra, realizzata a cura di Silvia Battistini e Massimo Medica, che racconta il cambiamento dal XIII al XVIII secolo dell’uso della figura umana nell’arte occidentale, per narrare sia l’essenza del divino, sia la vita e i sentimenti quotidiani. Nell’esposizione si alternano le sale dedicate ai due aspetti, mettendo in mostra la ricca collezione di sculture e di dipinti medievali, le preziose tavole di Francesco Francia, Amico Aspertini e Luca Signorelli, le tele di Prospero Fontana, Ludovico Carracci, Guido Cagnacci, Donato Creti, Gaetano Gandolfi, Pelagio Palagi.
Il Medioevo ricorre alla rappresentazione del corpo per dare un’identità alla dimensione religiosa nelle sue differenti manifestazioni (Padre Eterno, Cristo, la Vergine, i santi), mentre nel Rinascimento il corpo rappresentato in modo naturalistico diviene fondamentale per dare un volto alla santità e facilitare la divulgazione della dottrina cattolica.
Frequentemente nel Medioevo e nel Rinascimento le immagini sacre sono accompagnate da donatori, devoti e facoltosi personaggi che finanziavano l’opera nella speranza che ciò valesse come intercessione per l’aldilà. Ma il sentimento religioso era coltivato anche in ambito domestico, come mostrano trittici portatili e piccole tavole devozionali. Nei secoli cambia anche il ruolo dei santi: nel Medioevo sono venerati e quindi rappresentati soprattutto i martiri delle origini del cristianesimo; nel Rinascimento e nelle età successive si preferiscono nuovi santi, collocati in scene alla presenza della divinità (per esempio nella Sacra Famiglia o ai piedi del Crocifisso) o in concentrate preghiere, che dovevano essere di forte esempio per la pratica dei fedeli.
Parallelamente si affermano le narrazioni delle passioni degli uomini, che si riconoscono spesso nelle storie degli eroi antichi o nelle allegorie di vizi e virtù. Il Cinquecento in particolare predilige complesse allegorie e metafore, sia letterarie che visive, in cui non di rado un soggetto in apparenza facilmente riconoscibile allude in realtà a tematiche ben più sottili.
Alcune tematiche toccavano più da vicino l’anima dei fedeli: tutti gli episodi della vita della Vergine e di Cristo, dall’Annunciazione al compimento della Passione. Pur essendo presenti quegli elementi che definiscono la storia, le differenti ambientazioni e le varianti iconografiche ci trasmettono il pensiero di un’epoca. Il tema della Deposizione, così popolare nel XVI secolo, è ben documentato in questa sala, grazie anche alla possibilità straordinaria di ricostruire in parte un capolavoro perduto di Luca Signorelli, la pala di Matelica del 1504, riaccostando due frammenti ad essa appartenuti: la Testa di donna piangente, delle Collezioni Comunali d’Arte, e quella del Cristo morto, data in deposito al museo da Banca UniCredit.
I ritratti del Sei e del Settecento di nobili e ricchi borghesi dialogano nella sala 19 con i volti di uomini e donne cari a Pelagio Palagi, che li aveva raffigurati in posa, ma spesso soffermandosi solo sullo studio dell’espressione dei loro volti. La pittura dell’eclettico artista riporta anche l’attenzione del visitatore sui temi mitologici e sull’importanza educativa che ebbero nella civiltà della fine del Settecento e dell’Ottocento, quale veicolo di ammaestramento morale. Dei ed eroi dell’antica Grecia o gli epici personaggi della storia romana (sala 20) non erano più i protagonisti di leziosi quadretti per decorare salotti e boudoirs, ma figure emblematiche le cui gesta e il cui coraggio doveva essere d’esempio in un presente popolato da nuovi ideali.
La mostra si conclude nella monumentale Sala Urbana, dando voce ad entrambi i filoni del racconto. Qui avviene un’osservazione ravvicinata di straordinari Crocifissi scolpiti e dipinti, che tra XIII e XV secolo erano appesi in chiese e cappelle a definire il confine tra lo spazio del clero e lo spazio dei fedeli. I sensi sono conquistati dalle forme perfette e conturbanti delle divinità seminude dipinte da Donato Creti, avvolte in stoffe e luci dove i colori pastosi e intensi cominciano a raccontare il turbamento dell’età moderna.