È questo il secondo appuntamento con l’arte contemporanea per le Argenterie Reali della Reggia di Monza che rappresenta la “sottotraccia”, l’elemento nascosto che unisce i lavori degli artisti presenti ponendo una riflessione sull’arte astratta contemporanea.
Utilizzando linguaggi esteticamente simili, la mostra “suona” all’unisono creando una visione particolare sul significato di traccia, intesa non solo come segno, impronta, materia, ma come elemento impercettibile senza il quale questa coralità viene meno. La mostra è anche uno studio sul linguaggio che porta l’interlocutore ad analizzare l’esposizione con un’unica chiave di lettura, un denominatore comune, quello della gestazione creativa che si nasconde dietro ogni singolo lavoro come esigenza concettuale.
Il progetto espositivo vanta di una componente architettonica innovativa capace di creare un trait d’union per i singoli spazi generati, una contaminazione visiva che porta il fruitore a seguire un’unica traccia espositiva, immergendosi nei volumi, dove le opere creano un dialogo anch’esso riconducibile all’estetica generale del progetto.
Nella sala più grande l’artista Eltjon Valle con la denuncia delle sue tracce di petrolio si contrappone alle grandi tessiture azzurre e blu di Rolando Tessadri e nel mezzo, tra cielo e terra, vive il dipinto surreale dell’artista macedone Robert Gligorov. Si prosegue analizzando la moltitudine di linee del catalano Joan Salò che, con la sua folle ripetitività, apre lo spazio dedicato ad altri due artisti di generazioni differenti.
Da un lato, lo stile geometrico dettato dalla casualità di Markus Linnenbrink e dall’altro, quello dettato dalla rigidità del writer Joys. A comunicare con il secondo ambiente, le opere di Federico Casati e l’installazione di Emanuela Toselli, entrambe riconducono l’astrazione alla ripetizione del singolo elemento e vertono sul rapporto luce-ombra.
Nella seconda sala la visione distorta del cyberspazio dell’artista australiana Camille Hannan entra in simbiosi con le tele più mediterranee di Luca Macauda, la cui visione astratta di una necropoli permette al visitatore una buona fine e buon principio di visione.