La mostra “Bacco e Arianna di Guido Reni. Singolari vicende e nuove proposte”, esposta alla Pinacoteca Nazionale di Bologna fino al 15 novembre prossimo, ricostruisce l’affascinante e complicata storia del famoso dipinto perduto “Bacco e Arianna” di Guido Reni (1575 – 1642), aggiungendo nuovi tasselli, intriganti particolari e interessanti prospettive di confronto.
Dopo ben quattro secoli dall’esecuzione, torna per la prima volta in Italia, in quest’occasione, il dipinto “Bacco e Arianna nell’Isola di Nasso”, dalla collezione privata Montevideo dell’Uruguay, che Andrea Emiliani, uno tra i maggiori studiosi di Guido Reni, dopo anni di ricerche ha attribuito a Giovanni Battista Bolognini (1611 – 1688), miglior allievo e collaboratore degli ultimi anni di attività del Reni. Questo quadro, pressoché coevo alla versione commissionata da Papa Urbano VIII per Enrichetta Maria di Borbone, dovette essere realizzato tra il 1640-1642 circa nella bottega di Reni.
L’articolata storia delle “Nozze di Bacco e Arianna”, eseguita da Guido Reni per la Corona d’Inghilterra, è ben nota agli studi della storia dell’arte.
La complessa vicenda ha inizio nel 1637, con la commissione di Papa Urbano VIII e del cardinale nipote Francesco Barberini a Guido Reni delle “Nozze di Bacco e Arianna”, ambiziosa opera di imponenti dimensioni, da recapitare alla cattolica Enrichetta Maria di Borbone, moglie del Re d’Inghilterra Carlo I Stuart. La composizione doveva ritrarre il mito antico delle vicende di Arianna che, perduto Teseo sulla spiaggia deserta di Nasso, assiste al sopraggiungere di Bacco, introdotto da Venere e accompagnato dal consueto corteo.
Dopo varie vicissitudini e data la grande notorietà che la rappresentazione di Bacco e Arianna aveva all’epoca, il papato e l’alta nobiltà scelgono di commissionare sempre al Reni dei prototipi del noto dipinto, su scala sia ridotta sia reale. Da qui, infatti, provengono la prestigiosa replica riferita a Guido Reni, Antonio Giarola e Giovanni Andrea Sirani dell’Accademia di San Luca di Roma eseguita per il cardinale Giulio Sacchetti, così come la copia delle Gallerie Barberini e Corsini di Roma, esposte nella suddetta mostra.
Ed è qui che si colloca anche il dipinto attribuito al Bolognini: il grande impiego del prezioso blu di lapislazzuli, a definire la dominante cromatica del dipinto del Bolognini come in quello del Reni, ribadisce che l’artista abbia probabilmente lavorato sotto l’accurata guida del maestro.
Il catalogo della mostra è edito da NFC Edizioni con l’introduzione di Mario Scalini, la prefazione di Elena Rossoni, i testi di Andrea Emiliani, Sergio Guarino e Claudio Seccaroni, Daniele Benati, Raffaella Morselli, e i testi scientifici di Stefano Volpin, Davide Bussolari e Cornelia Prassler.