La mostra retrospettiva dedicata a Marina Abramović, tra le più conosciute e controverse dell’arte contemporanea che usa il suo corpo come mezzo di comunicazione, è accolta a Palazzo Strozzi di Firenze fino al 20 gennaio 2019 ed è composta da oltre 100 opere.
Si tratta di una mostra itinerante che giunge da Bonn e ricostruisce attraverso circa 100 opere tra dipinti, video, oggetti, fotografie, installazioni e progetti la sua straordinaria carriera, dagli esordi figurativi fino agli anni 2000. Una parte fondamentale dell’esposizione è la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance attraverso un gruppo di performer specificatamente formati e selezionati in occasione della mostra. Non si tratta solo di una ripetizione ‘di facciata’ ma di vere e proprie nuove performance. La stessa artista, presente alla Bundeskunsthalle durante la riesecuzione di ‘The house with the Ocean View‘ (durata 12 giorni) ha pianto per l’emozione. L’Abramovic infatti è convinta che ogni re-performance, grazie al nuovo contesto e al nuovo performer, rappresenti un’estensione di quella originale, verso nuovi e inaspettati orizzonti creativi. Inoltre, una parte importante dell’esposizione è dedicata al tormentato rapporto della performer con Ulay.
Attiva fin dagli anni Sessanta si definisce la “Grandmother of performance art”. Una delle sue opere più famose e di grande impatto emozionale è “The Artist is present”, quando l’artista per sette ore al giorno, per tre mesi, rimase seduta di fonte ad una sedia vuota dentro al MOMA di New York in attesa di qualcuno che volesse confrontarsi con lei, mettersi in gioco. Alla performance partecipò a sorpresa Ulay, artista tedesco e suo compagno di lavoro e di vita per circa dodici anni tra il 1976 ed il 1989, un momento molto forte.
La mostra a Palazzo Strozzi offre l’opportunità al pubblico di scoprire anche le opere meno note e degli inizi dell’artista serba.