Jon Rafman. Il viaggiatore mentale


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Jon Rafman, Dream Journal 2016-2017-2017, Video HD (colore, con suono in stereo), Musiche di James Ferraro e Oneohtrix Point Never, Durata 49’17”, Courtesy l’artista e Sprüth Magers

Per la Galleria Civica di Modena, nella Palazzina dei Giardini, Diana Baldon cura la mostra personale di Jon Rafman (Montreal, Canada, 1981) “Il viaggiatore mentale”, che sarà aperta al pubblico da oggi 14 settembre fino al 24 febbraio 2019.

La mostra, promossa da Fondazione Fotografia Modena insieme alla Galleria Civica di Modena, in concomitanza con il festival filosofia, raccoglie una selezione di installazioni multimediali esposte in Italia per la prima volta che ripercorrono la produzione dell’artista canadese a partire dal 2011 ad oggi. Servendosi di linguaggi e supporti diversi, che vanno dalla fotografia al video, dalla scultura all’installazione, Rafman indaga la fusione sempre più indistinta tra la realtà e la sua simulazione nella società contemporanea attraverso opere che confondono i confini tra il materiale e il virtuale, tra i corpi in carne e ossa e le loro repliche tecnologiche.

L’artista ha utilizzato Internet e le sue svariate comunità digitali anche come archivio di immagini per i video della sua trilogia Betamale Trilogy (realizzati tra il 2013 e il 2015), composta dalle installazioni Still Life (Betamale), Mainsqueeze e Erysichthon presenti in mostra. Rafman rappresenta con grande abilità l’ambiguo potere seduttivo della rete che sembra promettere libertà e mondi da scoprire, mentre in realtà imprigiona l’utente in uno spazio tracciato da algoritmi e da agenzie che ne elaborano i dati di navigazione per poi rivenderli.

L’immersione in rete, anche nelle zone più nascoste del “deep web”, compiuta da Jon Rafman gli ha permesso di assumere le vesti dell’antropologo amatoriale e del flâneur digitale che indaga il collasso epistemico che si è realizzato negli ultimi anni, nell’azzeramento della distinzione tra il mondo virtuale e quello analogico, tra la realtà e la sua rappresentazione virtuale. Nei suoi video una voce fuori campo poetica e ipnotica accompagna sempre le immagini, provenienti da sequenze selezionate da Internet, da videogame o da forum di chat online. La memoria è uno dei temi al centro di molte delle sue opere.

All’ingresso della Palazzina dei Giardini i visitatori della mostra vengono accolti da una delle opere più recenti di Jon Rafman, “Legendary Reality” (2017) in cui l’artista ci conduce in un viaggio nell’“inner space”. Un narratore anonimo racconta un viaggio immaginifico attraverso quello che sembra essere un paesaggio dai tratti fantascientifici invece potrebbe essere semplicemente ciò che vede dallo schermo del suo computer su cui scorrono dettagliate rappresentazioni storiche aumentate da esperienze virtuali.

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