La mostra è ospitata nelle due sale al piano terra per proseguire negli ambienti del museo, mettendo in contatto le antiche collezioni con opere del Giappone di oggi e intendendo al contempo rinnovare l’antico legame tra il Giappone e la città, consolidatosi fin dal XIX sec., tramite gli importanti scambi commerciali di Trieste con l’Estremo Oriente.
Preziose opere d’arte e manufatti tipici dal paese del Sol Levante, grazie anche al Gabinetto Cinese Wünsch divennero irrinunciabili elementi d’arredo nelle case dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, dalle quali, grazie a munifiche donazioni, passarono ai musei cittadini, dando vita al Civico Museo d’Arte Orientale che è nato proprio da tali donazioni cittadine.
L’artista realizza la washi, carta fatta a mano, soprattutto nella variante kozo, ottenuta dalla corteccia del gelso dopo una lunga preparazione. Ma, da artista-scultore quale egli è, ha utilizzato la carta come materiale per le sue sculture, modellandola nelle forme più varie.
Per il Museo di Trieste l’artista ha realizzato un’installazione site specific trasformando una sala espositiva in un ambiente “magico” in cui la luce, il suono e la percezione visiva risultano alterate. Oltre all’installazione sono in mostra una trentina di opere: sculture e rilievi in carta dalle forme metamorfiche e una serie di lavori in carta e resina in cui il dialogo tra i due materiali così diversi sottolinea la complessità del mondo contemporaneo e l’esigenza di una ricerca di equilibrio.
Le opere in carta di Akiyama trovano il proprio interlocutore naturale nella importante raccolta di xilografie giapponesi dell’Ukiyo-e di proprietà del museo, tra cui si possono ammirare le opere di artisti quali Utamaro, Hiroshige e Hokusai, la cui celebre “Grande Onda”, simbolo iconico della potenza e della terribile bellezza della natura in tempesta, ha ispirato a Nobushige Akiyama lo sviluppo di una propria idea di “Nami” [Onda], che mette in rapporto il contrasto delle forze tra la carta e la resina.