14 fotografi e oltre 100 fotografie, realizzate dalla fine del secondo dopoguerra ai primi anni Duemila, ed esposte alla GAM di Torino fino al 23 settembre, raccontano l’Italia per immagini: il paesaggio e le città della nostra penisola viste sia nell’architettura sia nella loro dimensione umana e sociale. “Dal Neorealismo al Duemila”, è la mostra realizzata a cura di Riccardo Passoni e promossa dalla stessa GAM.
Le foto, in bianco nero e a colori, sono selezionate con l’intento di scandagliare l’interpretazione degli ‘esterni’, dall’arco alpino e le grandi città come Torino e Milano, per proseguire lungo la dorsale emiliana fino a scendere verso il Sud, tra Napoli, Matera, e infine toccare la Sicilia.
Paesaggi, luoghi, e anche i cosiddetti non-luoghi fanno parte di questa carrellata.
A cavallo del 2000 infatti, la GAM prima, e la Fondazione CRT per l’Arte Contemporanea in seguito, avevano costituito una ragguardevole collezione di fotografia dal secondo dopoguerra in avanti. Quasi tutti i grandi nomi di questo linguaggio sono entrati a far parte delle nostre collezioni.
Ai primi ‘reportage’ in ambito di Neorealismo e alle documentazioni politiche si affiancano distillati di paesaggio italiano e letture di alto formalismo, come di ricerca di una apparentemente semplice verità ottica di documentazione dell’architettura. Questa mostra ha l’intento di trasportare il visitatore in un continuo alternarsi di sensibilità e di atmosfere, intense e differenti, facendo emergere in filigrana una prospettiva storica-temporale delle interpretazioni del soggetto-paesaggio. Le opere esposte sono di: Nino Migliori (Bologna, 1926), nelle cui fotografie prevalgono i luoghi e i segni dell’uomo; Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, GE, 1930), che sembra voler condurre l’obiettivo della macchina fotografica sui temi del disagio e della arretratezza sociale; Mario Cresci (Chiavari, GE, 1942) esegue una investigazione più marcatamente concettuale; Mimmo Jodice (Napoli, 1934) ha saputo interpretare, in bianco e nero, in maniera al contempo semplice e intensa, sia paesaggi minori sia luoghi ad alta intensità culturale e monumentale; Mario Giacomelli (Senigallia, AN, 1925–2000) fissa l’attenzione sulla cultura ‘bassa’, collegandosi soprattutto alla indagine sulla campagna; Franco Fontana (Modena, 1933), ha portato la sua ricerca sul versante di un colore trionfante, forte, di alta eccitazione cromatica; Luigi Ghirri (Scandiano, RE, 1943 – Roncocesi, RE, 1992), con i suoi paesaggi ‘vuoti’, quasi non sfiorati dalla presenza umana, ci impongono un nuovo sguardo sulle cose, architetture e paesaggi; Ugo Mulas (Pozzolengo, BS, 1928 – Milano, 1973), con i suoi paesaggi che ci obbligano a guardare in maniera diversa i soggetti, ci danno la vertigine per quel che non avevamo saputo vedere in essi prima di adesso; Uliano Lucas (Milano, 1942), con la sua fotografia di denuncia, perché riguarda la dimensione urbana e industriale, dove però è l’uomo a costituire il dato prevalente; Ferdinando Scianna (Bagheria, PA, 1943), con le sue immagini, come quelle di paesaggio, che vivono di contrasti: sole-luce /buio, in una visione quasi abbacinante; Gabriele Basilico (Milano, 1944 – 2013), che propone la regola delle geometrie, specialmente perfette, per introdurre a un nuovo ordine di considerazioni sulla natura dell’architettura e del suo potenziale connotante il paesaggio contemporaneo; Aurelio Amendola (Pistoia, 1938), per il quale le immagini sono consapevoli del significato di volumi e pesi dell’elemento architettonico; Enzo Obiso (Campobello di Mazara, TP, 1954) lavora sul potenziale del bianco e nero; Bruna Biamino (Torino, 1956) ci porta lontano, in una sorta di sogno lattiginoso, con architetture, paesaggi disadorni, luoghi d’acqua, che alludono alla sospensione, al vuoto e contengono, al contempo, uno stato di concentrazione e di spaesamento indissolubili.