Durante la Milano Art Week in concomitanza con Miart, la Fondazione Adolfo Pini di Milano propone la mostra Labyrinth, un progetto site-specific realizzato dall’artista Jimmie Durham (U.S., 1940), a cura di Gabi Scardi, che rimarrà esposta fino al 29 giugno.
Jimmie Durham è conosciuto come intellettuale, saggista e poeta, oltre che artista visivo; dagli anni Sessanta il suo lavoro evidenzia il sistema di convenzioni all’interno delle quali viviamo, convenzioni che riguardano le idee, i comportamenti, la storia e le sue interpretazioni.
Le sue opere consistono, in molti casi, in arrangiamenti di materiali naturali o industriali, innestati gli uni sugli altri; materiali che normalmente sfuggono all’attenzione o risultano troppo al di sotto di ogni valore per essere classificati; queste opere equivalgono dunque a commenti sulla natura delle cose e sul loro valore. In altri casi le installazioni si compongono di oggetti trovati o creati: oggetti che sono concentrati di quotidianità, che narrano storie, e ci dicono chi siamo. Alla base della sua pratica c’è infatti la volontà di restituire alle cose la possibilità di presentarsi nella propria essenza; di decostruire le sovrastrutture che le circondano, e con esse i concetti cardine della civiltà del consumo. In questa logica si inserisce l’attenzione che l’artista dedica al tema dell’architettura, elemento da sempre centrale nella sua poetica.
Per questa occasione l’artista crea un nuovo progetto, appositamente concepito, lavorando sullo spazio esistente e sulle sue strutture. In particolare, Durham porta all’esterno ciò che normalmente è “dentro” il corpo dell’architettura; rende visibili i materiali che lo compongono, rivela ciò che sta sotto il rivestimento. Per estensione, l’artista affronta così la questione di ciò a cui si dà spazio o ciò che si cela; di ciò che si dice o si omette.
Al progetto abbina un video del 1994, The Man Who Had A Beautiful House, legato a un’idea di abitare che viene prima, e va al di là delle pareti di un edificio.
Nello spazio rifinito ma carico di passato della Fondazione, attraverso il tema dell’architettura, l’artista si confronta una volta di più, con l’idea del costrutto sociale e culturale e con le strutture, con le convenzioni, con le categorie che l’accompagnano.
Con questa nuova mostra la Fondazione Adolfo Pini prosegue il proprio percorso dedicato all’arte contemporanea, sotto la guida di Adrian Paci, con l’obiettivo di porsi quale luogo di incontro e valorizzazione della scena dell’arte giovanile nazionale e internazionale a Milano.