Sono le Sale dei Paggi, situate all’interno del complesso della Reggia di Venaria Reale, a ospitare dal 22 marzo al 16 settembre “Genesi”, la mostra che riassume il progetto di ricerca di Sebastião Salgado. Un lavoro colossale e sfiancante che il fotografo brasiliano ha congedato dopo dieci anni di lunghi viaggi e scatti in giro per il globo.
«Personalmente vedo questo progetto come un percorso potenziale verso la riscoperta del ruolo dell’uomo in natura. L’ho chiamato “Genesi” perché, per quanto possibile, desidero ritornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento e sono ancora “selvagge”; alle remote tribù dagli stili di vita “primitivi” e ancora incontaminati. Questo viaggio ha anche lo scopo di agire da monito affinché si cerchi di preservare e se possibile ampliare questo mondo incontaminato, per far sì che sviluppo non sia sinonimo di distruzione Finora avevo fotografato un solo animale, l’uomo, poi ho preso la decisione di intraprendere questo progetto e di andare a vedere il Pianeta spinto da un’enorme curiosità di vedere il mondo, conoscerlo», è lo stesso Salgado a spiegare cosa lo abbia spinto a intraprendere un percorso così affascinante e tortuoso.
La mostra della Venaria è suddivisa in cinque sezioni che ripercorrono le terre in cui Salgado ha realizzato le fotografie: il Pianeta Sud, i Santuari della Natura, l’Africa, il grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanàl. Si tratta di una selezione di scatti, rigorosamente in bianco e nero, che l’autore ha raccolto viaggiando in Amazzonia, in Congo, in Indonesia, in Nuova Guinea, in Antartide, in Alaska, nei deserti dell’America e dell’Africa, nei ghiacciai del Cile e della Siberia.
Un’attenzione particolare è riservata anche alle popolazioni indigene ancora vergini: gli Yanomami e i Cayapó dell’Amazzonia brasiliana; i Pigmei delle foreste equatoriali nel Congo settentrionale; i Boscimani del deserto del Kalahari in Sudafrica; le tribù Himba del deserto della Namibia e quelle più remote delle foreste della Nuova Guinea. Salgado ha trascorso diversi mesi con ognuno di questi gruppi per poter raccogliere una serie di fotografie che li mostrassero in totale armonia con gli elementi del proprio habitat.
La curatela è della moglie di Salgado, Lélia Wanick che spiega come “Genesi” sia «la ricerca del mondo delle origini, come ha preso forma, si è evoluto, è esistito per millenni prima che la vita moderna accelerasse i propri ritmi e iniziasse ad allontanarci dall’essenza della nostra natura. È un viaggio attraverso paesaggi terrestri e marini, alla scoperta di popolazioni e animali scampati all’abbraccio del mondo contemporaneo. Un tributo visivo a un pianeta fragile che tutti abbiamo il dovere di proteggere».
Il monumentale catalogo di 520 pagine è edito da Taschen e sarà disponibile nel bookshop della Reggia di Venaria insieme ai libri recentemente pubblicati da Contrasto: l’autobiografia del fotografo, “Dalla mia Terra alla Terra”, “Viaggio nel mondo del caffè”, “Altre Americhe” e altri titoli ancora.
Salgado è nato nel 1944 in Brasile ad Aimorés nello stato del Minas Gerais dove l’economia è basata sulla produzione di caffè, di latte, di soia, di canna da zucchero, ma anche di ferro, alluminio e altri minerali. Attività che necessitano di grande manodopera per fruttare. È lì che il giovane Salgado ha imparato che il benessere del mondo occidentale si paga a caro prezzo. Cresciuto, dopo aver sposato Lélia Deluiz Wanick, si trasferisce a Parigi e poi a Londra dove lavora in qualità di economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè (l’infanzia che ritorna e che ritornerà in futuro per una campagna sociale promossa da Illy Caffè). La sua strada però è un’altra, lontana dalla routine degli uffici. Per fortuna lo capisce ben presto, così nel 1973 decide che Sebastião Ribeiro Salgado d’ora in avanti sarà un fotografo. Prima l’immancabile gavetta come freelance e per le agenzie (Sygma, Gamma e soprattutto Magnum) e più tardi la soddisfazione di una creatura tutta sua (e della moglie): l’Amazonas Images.
Memore di quanto osservato da bambino documenta le abitudini di vita e le condizioni degli indio e dei contadini dell’America Latina e delle tribù in preda alle carestie in Africa. Sono il preludio a due progetti che vedono impegnato Salgado per oltre quindici anni: “La mano dell’uomo” (1994), racconto che testimonia la fine della manodopera industriale su larga scala, e nel 2000 “In cammino” e “Ritratti di bambini in cammino”, due libri che parlano dell’uomo e dei suoi spostamenti. Restando in tema biblico, un “Esodo”, che anticipa la “Genesi”.
Il percorso di Salgado sembra dirci che il destino dell’umanità sarà sempre quello di muoversi da un posto all’altro, con tutte le conquiste e le perdite del caso. Per fare sì che queste ultime si riducano è necessario che tutti gli esseri viventi (uomo in primis) vivano in stretto equilibrio con la natura che potrà essere conosciuta attraverso la tecnologia, ma mai imbrigliata, né tantomeno dominata. Basta osservare le immagini di Salgado per capire che sostituirsi a essa sarebbe soltanto una pia illusione.
Sito ufficiale per info pratiche: http://www.lavenaria.it/it/mostre/sebastiao-salgado-genesi