I Musei di San Domenico di Forlì, organizzano ed espongono nella Chiesa conventuale di San Giacomo Apostolo, dal 10 febbraio al 17 giugno, la mostra “L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio”, che documenta quello che è stato uno dei momenti più alti e affascinanti della storia occidentale. Gli anni che idealmente intercorrono tra il Sacco di Roma (1527) e la morte di Caravaggio (1610); tra l’avvio della Riforma protestante (1517-1520) e il Concilio di Trento (1545-1563); tra il Giudizio universale di Michelangelo (1541) e il Sidereus Nuncius di Galileo (1610) rappresentano l’avvio della nostra modernità.
Protagonisti della mostra sono il dramma e il fascino di un secolo che vide convivere gli inquietanti spasimi di un superbo tramonto, quello del Rinascimento e il procedere di un nuovo e luministico orizzonte, con grandi capolavori del Manierismo.
L’istanza alla Chiesa di Roma di un maggiore rigore spirituale, se da un lato produceva una rinnovata difesa delle immagini sacre (soprattutto ad opera della Compagnia di Gesù), dall’altro imponeva una diversa attenzione alla composizione e alla raffigurazione delle immagini, nonché a una ridefinizione dello spazio sacro e dei suoi ornamenti.
Si sviluppano così scuole e orientamenti nuovi. Dal tentativo di dare vita a “un’arte senza tempo” di Valeriano e Pulzone, nell’ambiente romano, agli esiti del modellato cromatico di Tiziano, al naturalismo dei Carracci, con quel loro “affettuoso timbro lombardo”, come lo chiama Longhi.
Ma è anche la vita quotidiana che si affranca dai bagliori dell’estremo Rinascimento. Si avverte una “temperatura sentimentale” che pare interpretare il nuovo senso del Concilio tridentino che deve parlare a tutti i cuori creando una nuova forma di pietà e di devozione, con l’esaltazione della figura mariana, dei primi martiri e dei nuovi santi. Francesco d’Assisi fra tutti.
In Italia la battaglia più impegnativa per il dipingere e per il vivere moderno si combatte nella pittura di commissione sacra. Il protagonista di questa lotta è soprattutto Caravaggio. Egli tenta una innovazione radicale del suo significato religioso come fatto di religione profondamente popolare.
Tra l’ultimo Michelangelo a Caravaggio, passando attraverso Raffaello, Rosso Fiorentino, Lorenzo Lotto, Pontormo, Sebastiano del Piombo, Correggio, Bronzino, Vasari, Daniele da Volterra, El Greco, i Carracci, Federico Barocci, Veronese, Tiziano, Federico Zuccari, Guido Reni, Domenico Beccafumi, Giuseppe Valeriano e Scipione Pulzone, si dipana un filo estetico di rimandi e innovazioni che darà vita a una età nuova. Comprese le forme alternative di Rubens e Guido Reni.
La mostra è corredata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale.