Il Museo MA*GA di Gallarate ospita, fino al 22 aprile 2018, la mostra Dancing in the Memory Palace che propone un focus sul lavoro recente di Eva Frapiccini, nella quale sono comprese le installazioni LAMINE (FOILS) #01, LAMINE (FOILS) #02 e la serie Velluto (Velvet).
Lamine #01 e Lamine #02 sono delle strutture-dispositivo create per riflettere sul potere delle immagini e sulle possibilità della post produzione narrativa, affidata sia all’intervento selettivo dell’artista sia all’attivazione del racconto da parte dello spettatore.
Le immagini sono tratte da suoi ricordi di viaggio, fotografie fatte in luoghi geografici molto diversi, a cui l’artista fa perdere ogni connotazione geografica per costruire una nuova sintassi poetica. Allo stesso modo, lo spettatore è libero di creare ogni volta una narrazione differente, muovendo i frame secondo una ritmica visiva personale e stabilendo così un’azione fisica di relazione tra sé e l’opera.
La ricerca di Eva Frapiccini pone particolare attenzione al tema della narrazione e del ricordo; la sua pratica artistica infatti riflette sulla complessità dei processi della memoria, sia quando riguardano la sfera del ricordo privato, sia quando hanno a che fare con la storia collettiva.
Lamine #02 viene esposta per la prima volta al MA*GA e raccoglie una serie di immagini realizzate tra il Belgio, l’Italia e l’Inghilterra sullo stato di precarietà come condizione umana, ma anche come riflessione sul momento storico in cui vive l’Europa. Le fotografie selezionate mostrano oggetti legati al caso degli eventi, in bilico tra attimi di inaspettata bellezza e possibile disastro.
Nella serie di immagini di Velluto, che dialoga in stretto rapporto con Lamine #01 e Lamine #02, Eva Frapiccini sceglie alcuni dettagli, selezionando da fotografie di luoghi solo quelle porzioni di colore che possano rimandare sia a un ricordo personale, sia a particolari momenti affettivi e stati d’animo collettivi, potenziandone la dimensione estetica. I particolari, così ingranditi e isolati dal contesto, allentano qualsiasi connessione diretta tra segno e significato, tendendo alla dimensione luminosa del monocromo.