Il 2017 è l’anno del centenario della Rivoluzione d’Ottobre, evento epocale della storia del Novecento, che vide il crollo dell’Impero zarista e la conseguente nascita della Repubblica sovietica. All’epoca il giovane Sergej M. Ejzenštejn (Riga, 1898 – Mosca, 1948) aveva poco meno di vent’anni. A dieci anni dai fatti il governo in carica commissionerà al regista un film celebrativo di quei giorni tanto epici quanto tumultuosi. “Ottobre” (1928) era il suo terzo lungometraggio dopo “Sciopero” (1924) e la celebre “Corazzata Potëmkin” (1925). Rivoluzione nella rivoluzione, a interpretare sé stessi furono chiamati operai, cittadini, contadini e soldati, ovvero chi aveva partecipato ai fatti in prima persona. Il film non incontrò il favore dei burocrati al potere, refrattari agli esperimenti linguistici ed estetici del raffinato Ejzenštejn, uomo colto che nella sua vasta produzione teorica citava in modo pertinente i classici della letteratura russa, francese, inglese e perfino gli haiku e il teatro kabuki del lontano Giappone.
Nei suoi appunti Ejzenštejn si rammaricava di non essere mai riuscito a visitare gli Uffizi, dato che tra i suoi interessi preponderanti vi era anche l’arte sia contemporanea che del passato. Per colmare in parte questa lacuna e nel contempo per celebrare i cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre, nelle Sale di Levante del museo fiorentino dal 7 novembre al 7 gennaio 2018 è stata allestita la mostra “La rivoluzione delle immagini”, volta ad approfondire la produzione grafica del geniale regista. Prima volta che gli Uffizi aprono alla “settima arte”. In esposizione settantadue disegni, tutti provenienti dall’Archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca, realizzati nella quasi totalità tra i primi anni ’30 e il 1948, e selezionati seguendo il principio dell’autonomia e quello della relazione, riferita in particolar modo all’arte italiana del tardo Medioevo e del Rinascimento.
Uno stile, quello di Ejzenštejn, figlio dei modelli del suo tempo, Cézanne e Matisse in primis con qualche eco surrealista, contraddistinto da un disegno sintetico e lineare e da una composizione che potremmo azzardarci a definire “classica”, nel senso più squisitamente idealistico del termine, poi contaminata dai segni precolombiani dopo l’arrivo in Messico (come si nota in uno dei fogli che raffigurano le Parche). Prove che rimandano alla concezione filmica dell’autore russo, tutta tesa all’individuazione della dialettica nella forma cinematografica quale linguaggio strutturale atto a rappresentare la realtà.
Non a caso questi disegni sono stati esposti come fotogrammi di una sequenza che dialoga con i suoi film che scorrono sulle nude pareti di alcune stanze del percorso espositivo. Anche il materiale cinematografico di Ejzenštejn è stato allestito in mostra in funzione di un suggestivo rimando all’arte del passato e alle idee sul montaggio. Infatti, le proiezioni mescolano dettagli e scene di “Sciopero”, de “La corazzata Potëmkin”, di “Aleksandr Nevskij” ad alcuni particolari tratti da “L’Adorazione dei Magi “e “L’Ultima Cena” di Leonardo da Vinci e da “La Battaglia di San Romano” di Paolo Uccello.
«La cosa più importante è avere l’idea – scrive Ejzenštejn negli appunti per accompagnare schizzi e foto di scena durante la preparazione di “Ivan il Terribile” –. Poi afferrarla e conservarla […]. Bisogna vedere e sentire quello a cui si pensa. Bisogna vederlo e afferrarlo. Bisogna conservarlo e fissarlo nella memoria e nei sensi. E bisogna farlo subito. […] Le avvertenze diventano segni; le voci e le intonazioni dei vari personaggi son definite come espressioni del volto. Intere scene prendono la forma di disegni prima di rivestirsi di parole». Ejzenštejn ci dice che è dalla matita e dalla penna che nasce tutto, compresa la “religione del montaggio” che contraddistingue in maniera perentoria la sua poetica. In un film, come in un quadro, come in un disegno.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Giunti, di Marzia Faietti, Pierluca Nardoni, Eike D. Schmidt, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi, la Fondazione Cineteca di Bologna, l’Archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca (RGALI), il Museo Statale delle Belle Arti “A.S. Puškin” e Firenze Musei.