Konrad Mägi


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Konrad Mägi, Lago Pühajärv, 1918-1920, olio su tela, Museo Nazionale d’Arte, Estonia

di Luca Baldazzi

 

L’Eesti Kunstimuuseum, Museo nazionale d’arte dell’Estonia e l’Ambasciata dell’Estonia in Italia, in concomitanza con l’avvio del Semestre di Presidenza Estone dell’Europa, promuovono la prima ampia mostra europea, curata da Eero Epner, su Konrad Mägi (1878 – 1925), uno dei maggior artisti del Novecento, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, fino al 28 gennaio 2018.

Mägi è per il pubblico italiano una singolare riscoperta sia per le sue vicende personali che per la sua pittura, poiché egli è certamente tra i più “eccentrici” protagonisti dell’arte europea nel fatidico ventennio intorno alla prima guerra mondiale.

Per molti versi Mägi resta un artista e un uomo difficile da collocare negli “ismi” di quegli anni. Si confronta con tutti, nelle sue opere ne sfiora alcuni, l’espressionismo fra tutti, ma non si riconosce specificatamente in nessuno, così come non si appiattisce, pur amandola, sulla tradizione artistica estone.

Rimane un artista originale, anche perché del tutto personale era il suo approccio con la pittura, arte con la quale si misurò per meno di un ventennio, a partire dal 1906 quando, abbandonata la scuola a San Pietroburgo si rifugiò alle Isole Åland, in quella che era una specie di comune di musicisti, scrittori, pittori e uomini liberi. Poi il soggiorno a Parigi, quello in Normandia e poi in Norvegia.

Uomo fortemente irrequieto, problematico, instabile, Mägi torna in Estonia a partire dall’estate del 1912. Qui fu uno dei rifondatori di Scuola d’Arte di Pallas, che diventa un campus per decine di artisti.

L’ambiente naturale di Saaremaa, dove soggiornò per periodi alle terme, risultò straordinariamente consono alla sua pittura. A stimolarlo non era la visione romantica, sentimentale della natura ma la percezione del paesaggio, di boschi, prati e acque colti come potente sintesi di bellezza e potenza.

Fino ai primi anni del 1920, quando Mägi viene colto da nuova irrequietezza ricomincia a peregrinare per l’Europa, recandosi anche a Venezia, Capri e Roma.
Il sole, la luce, i colori del Mediterraneo sembrano catturarlo ma l’artista continua a misurarsi con i problemi di una complessa vicenda umana, in costante difficile equilibrio.
Mägi, che era un uomo distinto, molto attento alle forme, elegante, si descrisse come un nano soffocato dalla solitudine: incapace di fare nulla se non prendere un pennello. Puntando sul colore per dipingere quadri che dovevano trasmettere allegria, positività, gioia, annullando la paura del passare del tempo e il dissolversi della bellezza.

Ed è proprio il colore la principale cifra dell’opera di Mägi. Colori brillanti e potenti. Si tratta dei paesaggi, sua espressione di elezione, ma anche dei suoi ritratti forti e affascinanti.

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