All’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano di Roma, fino al 27 agosto prossimo è allestita la prima grande retrospettiva dell’opera di Botero in Italia, realizzata sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio.
Organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostreSkira in occasione degli ottantacinque anni del Maestro, è curata da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con l’artista e presenta 50 opere che coprono il periodo di attività di 50 anni, dal 1958 ad oggi.
È ben espressa in questa mostra una (la sua) dimensione onirica, fantastica e fiabesca dove si percepisce forte l’eco della nostalgia e di un mondo che non c’è più o in via di dissoluzione. Uomini, animali, vegetazione i cui tratti e colori brillanti riportano immediatamente alla memoria l’America Latina dove tutto è più vero del vero, dove non c’è posto per la sfumatura e che anzi favorisce l’esuberanza di forme e racconto.
Questa è la cifra stilistica di Fernando Botero, origini colombiane, famoso e popolare in tutto il mondo per il suo inconfondibile linguaggio pittorico, immediatamente riconoscibile.
All’esterno della sede della mostra, visibile anche a tutti i passanti, è posta la gigantesca scultura in bronzo “Cavallo con briglie”, che pesa oltre una tonnellata e mezzo ed è alta più di tre metri.
Le sue opere, contrariamente all’apparenza, sono la risultanza di un delicato equilibrio tra maestria esecutiva e valori espressivi. E così nei suoi ritratti austeri, nei nudi privati di ogni malizia, nelle nature morte, dove è fortissimo il concetto di abbondanza, si percepisce altrettanto fortemente la dolcezza delle forme, così come nelle sue corride, nei suoi giocolieri è altrettanto percepibile un senso di nostalgia e smarrimento che cattura il cuore di chi le osserva.
Note sono le figure dalle forme abbondanti, soprattutto femminili, caratterizzate da un linguaggio ridondante e originale che accentua i volumi e la plasticità tridimensionale. Botero dilata le forme perché è un atto funzionale anche a far comprendere l’importanza del colore, steso in grandi campiture piatte e uniformi, senza contorni e ombreggiature e i protagonisti dei suoi dipinti sono sempre privi di stati d’animo riconoscibili, non provano né gioia, né dolore.
Apolide, eppure legato alla cultura della sua terra, Botero ha anticipato di diversi decenni l’attuale visione globale di un’arte senza più steccati, né confini: lo si può leggere e apprezzare in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, se ne apprezza il continuo richiamo alla classicità in una visione assolutamente contemporanea che include nella riflessione la politica e la società. La sua pittura non sta dentro un genere, pur esprimendosi attraverso la figurazione, ma inventa un genere proprio e autonomo attorno al quale il pittore colombiano ha sviluppato la propria poetica in oltre mezzo secolo di carriera.