Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma


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Giorgio da Castelfranco detto Giorgione, Due amici, 1502 c., olio su tela, cm 77 x 66,5 Roma, Museo di Palazzo Venezia

Si è aperta da pochi giorni e sarà esposta al pubblico fino al 17 settembre, la mostra “Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma”, nelle sedi di Palazzo Venezia e Castel Sant’Angelo a Roma.

La mostra è promossa e organizzata dal Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli, con la collaborazione di Civita Mostre ed è curata da Enrico Maria Dal Pozzolo con la collaborazione di un comitato scientifico composto da Lina Bolzoni, Miguel Falomir, Silvia Gazzola, Augusto Gentili, Ottavia Niccoli. Essa raduna complessivamente 45 dipinti, 27 sculture, 36 libri a stampa e manoscritti, oltre a numerosi altri oggetti, stampe e disegni, mentre l’allestimento in entrambe le sedi è progettato dallo studio De Lucchi e il catalogo è edito da Arte’m.

La visita avviene con un biglietto unico comprensivo dei due siti museali e delle due sezioni della mostra e un’audioguida compresa nel biglietto di ingresso è disponibile per tutti i visitatori a Palazzo Venezia, mentre a Castel Sant’Angelo i contenuti della mostra sono fruibili attraverso la nuova app scaricabile gratuitamente.

Questa mostra è costruita intorno ad un capolavoro di Giorgione, i due amici, un doppio ritratto ormai da tempo considerato da gran parte della critica come uno dei capisaldi del maestro di Castelfranco, ma ancora poco noto rispetto alla sua straordinaria rilevanza, come punto di svolta epocale nella ritrattistica italiana del primo Cinquecento. Rispetto ai precedenti, non solo veneti, si contraddistingue infatti per un’inedita sintesi di elementi che ne fanno l’archetipo di una nuova idea del ritratto, che intende sottolineare lo stato d’animo e l’espressione dei sentimenti d’amore.

Il doppio ritratto di Giorgione è conservato nelle collezioni di Palazzo Venezia, ma è attestato a Roma fin dall’inizio del Seicento, a testimonianza dei fili storici che legano la figura di Giorgione a Roma, nel quadro di una rete, ben più ampia,  dei rapporti intercorsi tra Venezia e la Città eterna, che ebbero il loro palcoscenico privilegiato proprio nel Palazzo di Venezia, come si dovrebbe più propriamente definire quella che era la prima dimora romana di un accertato collezionista, e con ogni probabilità anche committente, del pittore di Castelfranco: ossia il cardinale Domenico Grimani,  con papa Paolo II Barbo, uno dei personaggi chiave dei rapporti politici, diplomatici e culturali tra i due stati tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del Cinquecento. Ed è proprio nell’Appartamento Barbo che si sviluppa la prima sezione della mostra, dedicata a quelle vicende storiche e alla straordinaria novità de i due amici di Giorgione nelle vicende artistiche del primo ‘500. La mostra prosegue a Castel Sant’Angelo, negli Appartamenti papali, dove è allestita la seconda sezione, con altre opere provenienti da importanti musei del mondo, di grandi maestri del Cinquecento tra cui Tiziano, Tintoretto, Romanino, Moretto, Ludovico Carracci, Bronzino, Barocci e Bernardino Licinio. Opere che conducono il visitatore in quel labirinto esistenziale che ogni uomo porta in sé e che si riflette anche nell’esperienza amorosa, tra innamoramento e approdo matrimoniale, tra abbandono e nostalgia.

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