Al MAC, Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB) sono presentate tre mostre in contemporanea, dal 22 aprile al 14 maggio: “HB”, mostra personale di Marco Fantini (Vicenza, 1965); “End Hits”, opere di Michael Rotondi (Bari, 1977); “Miscibili”, con opere di cinque giovani artisti, Priscilla Sagoe, Camilla Zanini, Simone Abrami, Nicolò Maggioni, Beatrice Paganessi.
La mostra personale di Marco Fantini è dedicata al disegno, allo sguardo e ai presupposti che lo sostengono. L’artista si misura con la semantica della matita in un gioco costante di depistaggio, atto a minare i cardini desueti della percezione. Nelle opere esposte al museo di Lissone la matita è sempre presente, sotto forma di citazione diretta o di rimando implicito e il colore sembra bandito e la materia ricondotta alla traccia polverosa del gessetto sulla lavagna. In quest’occasione Fantini trasla nell’autoreferenzialità del disegno tutti i tratti caratteristici della sua poetica, enfatizzando l’allestimento con una decina di pali di castagno naturale che sono stati convertiti in grandi matite che esprimono il lavorio e l’ansia creativa. Le sculture in legno grezzo intervallano i lavori pittorici più recenti e quelli più datati innescando così veri e propri cortocircuiti visivi che depistano e confondono gli automatismi passivi della visione. Questa è una mostra in cui il disegno diventa il mezzo ideale per ricordare che guardare non significa subire la realtà ma agire su di essa e per suo tramite, trasformandola e trasformando noi stessi.
La pittura per Michael Rotondi, invece, è il focus principale delle sue opere che uniscono elementi di vita quotidiana (sia reali, legati quindi al mondo famigliare e a quello dell’infanzia, sia mitologici, racchiusi cioè in sogni e azioni del periodo adolescenziale) con tracce e input ripresi dal background in cui l’artista è cresciuto. In questa mostra l’artista trasferisce una parte del suo studio realizzando così una opera ambientale per raccontare al fruitore l’intero processo lavorativo che lo porta alla realizzazione di disegni, tele, schizzi e stendardi in tessuto, divenuti nel corso del tempo elementi simbolici e riconoscibili della sua ricerca. Rotondi ricrea qui un microcosmo personale: un’opera installativa dal titolo End Hits che si ispira all’omonimo album dei Fugazi. Tre tavoli in legno raccolgono disegni, appunti, quaderni, piccole tele, nature morte, souvenir e ricordi del passato (come la foto del passaporto di sua nonna) che Rotondi recupera per affrontare la tematica dell’immigrazione e per raccontare la storia della sua famiglia, che partì dalla Puglia verso gli Stati Uniti. E poi ancora copertine di libri, cartoline, fotografie, per ricostituire un ricco e denso accumulo di ricordi che l’artista mostra come fosse un diario personale aperto al pubblico.
Per la mostra Miscibili, Priscilla Sagoe ricorda che ogni colpo di spazzola passata attraverso la sua intricata capigliatura produceva in lei un dolore persistente nel tempo; proprio per questo motivo un pettine è stato trasfigurato in un oggetto contundente. Nelle opere di Camilla Zanini la nudità e l’erotismo vanno a esaltare la sessualità e il piacere fisiologico attraverso un amplesso di materiali che si relaziona con lo spazio espositivo. L’opera proposta da Simone Abrami è Senza nome: una piccola testa in creta collocata direttamente a terra, emblema di bambini non nati che sono stati abbandonati al loro labile destino. Sono 99 gli occhielli dorati che Nicolò Maggioni ha impresso su una camicia, a rammemorare il ritrovamento della tomba di Childerico I, re della casata dei Merovingi, di cui si narra che “il corpo fosse circondato da centinaia di api dorate”. Infine, Beatrice Paganessi ha unito delle saponette con l’acqua e il calore, inserendo poi il blocco in un contenitore in plexiglas dotato di un cassetto estraibile, studiato appositamente per trattenere l’acqua e il sapone in eccesso. In base all’incandescenza delle luci del museo, il blocco si deformerà e renderà visibile la trasformazione del sapone.