Quattro artisti per inaugurare la sede espositiva torinese Spazio Parentesi: Benedetto Bonaffini, Alex Kova, Ester Pairona, Gabriele Pino, con una mostra a cura di Ivan Fassio, aperta fino al 13 aprile prossimo e nella quale si trovano di Benedetto Bonaffini architetture reali e immaginarie, scorci urbani solidi e onirici; di Alex Kova strappi spazio-temporali e tagli fotografici prospettici; di Ester Pairona scatti autobiografici, diari scenico-emozionali e incisioni duali; di Gabriele Pino illustrazioni grafico-digitali, cornici volanti e disegni a stampa.
Scrive il curatore: “Architettura dell’immaginario, realtà artificiale, simulazione grafica, interazione sonoro-musicale: la poesia ha rappresentato, nel corso dei tempi, tutte queste cose. A partire dalla propria etimologia, ha sempre convogliato le forze della creatività verso l’illimitata produzione di mondi conclusi in se stessi, assoluti: edifici inediti, biblioteche fittizie, cataloghi di innovazioni, strutture mimetiche.
Autenticità e originalità sono state tradotte in linguaggi depurati o contaminati, in cui l’artificio dell’espressione potesse perdere ogni suo aspetto di utilità, di sviluppo efficace, di convenienza.
Casualità e progetto si sono scontrati ed alleati, abbandonati definitivamente in processi di automazione o di rigenerazione stilistica. Nella propria natura di materia cristallizzata, di testimonianza scritta, la poesia si è scoperta portatrice di segni immacolati, lievi e sospesi, decorativamente – e perturbabilmente – fruibili soltanto nella grafìa che li contraddistingue. Come scissione tra oralità e scrittura, ha scavato tra sé e l’esistenza un immenso cratere, che continua a secernere preziosi tesori: getto continuo d’ispirazione.
Compito di chi opera nella realtà contemporanea è il ricollocamento di queste ancestrali qualità della poetica in produzioni che sappiano amalgamarne, problematicamente, forma e sostanza. La ritrovata sensibilità nei confronti della parola andrà incanalata nelle sue variabili declinazioni: testimoniali, timbriche, seriali, riproduttive, grafiche, artistiche, performative, critiche, teatrali. Soltanto in questo modo, e attraverso una conseguente visione interdisciplinare, la poesia potrà reincarnare – secondo l’accezione originaria di creazione universale – il concetto primordiale di estetica: relazione attiva nei confronti di tutti i campi della percezione.
Nascere in poesia progressivamente, da sempre, per la stessa imperscrutabile impalpabile indefinibile tensione che ci consente di dirci pian piano contemporaneamente, e di venire, quali pericolosamente stessi, al mondo. Esserne fatalmente coscienti incoscienti, esserne fatati, è già compierne il destino.
Palpitazione, mai memoria, cristallizzazione neppure. Da rendere in perfezione e completezza: magia della terra che germoglia la scissione cara, inevitabile. Per lettura, voce, movimento, amplificazione-eco, scrittura, grafia, corpo-mondo, tutto. Che ciò sia chiaro, in splendore mattutino: è già compierne il destino.
E il filo tirato stia soltanto tra le categorie, a saperle riconoscere. Negli attriti del gruppo-esistenza, in oltre, ché a chiamarli altrimenti si rischia di scivolare nella Storia. Tale il mestiere di scrittore, che è alla base del raccolto, del racconto. La scelta della fabula e l’ironia per il frammento, il divertimento o l’invettiva in situazione. Come da bambino, sapiente, dal pampino riconoscere la distanza, anche nell’aggrovigliato intreccio dei tralci nei filari, tra la vite di barbera e il grignolino. Individuare, in tanta grazia, è già compierne il destino.
Per concludere, non finisce mai. Né sarà sufficiente, né abbastanza, peso-nulla da dichiarare alla dogana con addosso molto odore di polvere da sparo. L’amore per l’arte venatoria, dunque. E la violenza necessaria. Il cacciatore esperto si carica e sceglie da sé bossolo capsula e proiettile, viaggia, cartucciera stretta in vita. Camminare, scovare, uccidere la bestia. In immacolate contingenze, si viene ammessi in qualche circolo, si viene ricordati. Questo è secondario, oltreché meschino da sperare, e calcolarlo è inammissibile. Esserne certi, stando dritti, è già compierne il destino.”