Il Cacciatore Bianco/The White Hunter. Memorie e rappresentazioni africane


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Ouattara Watts, Matrix 00D, 2005, tecnica mista su tela 200×260 cm, Private collection, Courtesy Magazzino Arte Moderna, Roma

Fino al 3 giungo, al FM Centro per l’Arte Contemporanea di Milano è esposta la mostra “Il Cacciatore Bianco/The White Hunter. Memorie e rappresentazioni africane”, che si inaugura in occasione di miart durante la Milano Art Week, a cura di Marco Scotini.

Sono presenti oltre 40 artisti e più di 120 opere in un percorso articolato sulle forme di rappresentazione e di ricostruzione della memoria e della contemporaneità africane, attraverso lavori provenienti dalle maggiori collezioni italiane e materiali di archivio sui contesti di presentazione critica ed espositiva, sia italiani che internazionali. Il titolo della mostra rimanda all’opera filmica degli artisti Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, pionieri nella pratica di riscrittura della storia coloniale e delle migrazioni, e ripercorre la costruzione sociale di una presunta supremazia della “blanchité” che attraversa l’intera esperienza della modernità capitalista e si consolida con l’impresa coloniale, intrecciandosi con una vicenda tutta italiana.

Le opere di arte contemporanea sono poste in dialogo con un nucleo di opere di arte antica tradizionale, grazie ad un percorso in cui anche le pratiche collezionistiche e espositive sono oggetto di ricerca. La sezione di opere di antica arte tradizionale trae spunto e si ricollega idealmente alla prima presentazione di oggetti d’arte africana alla Biennale di Venezia del 1922, agli albori del fascismo, proponendo un nucleo di statue e maschere, provenienti dal Mali, dalla Costa d’Avorio, dal Camerun, dal Gabon, dal Congo e dall’Angola. La successiva esclusione dell’arte africana dalle manifestazioni ufficiali e dal dibattito culturale italiano fanno da sfondo ad un’indagine sulla sua presenza nelle collezioni private italiane, più aperte alle sollecitazioni internazionali.

Dalle collezioni italiane emergono significative opere di artisti africani contemporanei che evidenziano la problematicità della nozione stessa di identità africana: come le parrucche di Meschac Gaba, le cui acconciature africane intrecciate prendono la forma di architetture milanesi, o gli stendardi dello stesso autore che segnalavano l’ingresso a un fantomatico Museum of Contemporary African Art che trovava collocazione nomade nelle varie città europee. O le installazioni-archivio di Georges Adéagbo in cui questi assembla reperti, immagini, pubblicazioni che testimoniano le questioni politiche e sociali e gli stereotipi della rappresentazione dell’alterità africana. Oppure, l’indagine di Kader Attia sulle forme di riappropriazione culturale post-coloniale, nei video dove indaga il concetto di “riparazione” fra Occidente e culture “altre”; o le grandi opere tessute di Abdoulaye Konaté che, riprendendo la tradizione culturale del Mali, esplorano questioni socio-politiche di globalizzazione, fanatismo religioso ed ecologia. Ancora, i dipinti di Wangechi Mutu e Ouattara Watts e le fotografie di Seydou Keïta, o la questione sudafricana nelle opere di William Kentridge.

Lavori che testimoniano la ricchezza di una ricerca artistica che si esprime come pratica di riappropriazione e di resistenza alle diverse forme di esclusione, egemonia e omologazione, in linea con un discorso di affermazione nel dibattito contemporaneo testimoniata anche dalle grandi esposizioni internazionali dedicate al continente africano, le sue diaspore, l’indipendenza e le lotte per la decolonizzazione culturale e politica.

Il progetto, curato da Marco Scotini, si avvale di un comitato di advisor pluridisciplinare che comprende: Simon Njami, curatore, Gigi Pezzoli, africanista, Grazia Quaroni, senior curator, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Adama Sanneh, direttore dei programmi, Fondazione lettera27, e altri.

Completa la mostra una programmazione di seminari, conferenze e screening realizzate in collaborazione con Fondazione lettera27, Biennale di Lubumbashi, Festival del Cinema Africano e altri enti.

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