Antonio Ligabue


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Antonio Ligabue, Gorilla con donna, olio su tavola di faesite, 1957-1958, 88×100 cm

Alle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia, da oggi 17 marzo al 18 giugno, è allestita una mostra antologica che ripercorre la vicenda umana e creativa di Antonio Ligabue (1899-1965), uno degli autori più geniali e originali del Novecento italiano, con oltre cinquanta opere, tra dipinti, sculture, disegni e incisioni.

Curata da Sandro Parmiggiani e Sergio Negri in collaborazione con Simona Bartolena, essa è prodotta e organizzata da ViDi, in collaborazione con il Comune di Pavia e con la Fondazione Antonio Ligabue di Gualtieri (RE).

Il percorso espositivo si snoda tra i due poli principali entro i quali si sviluppa il suo universo creativo: gli animali, selvaggi e domestici, e gli autoritratti.

Tra gli animali abitatori delle foreste e delle savane si trovano alcuni dei maggiori capolavori dell’artista, come Leopardo che assale un cigno o Tigre reale, realizzato nel 1941 quando Ligabue era ricoverato nell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia; tra quelli delle campagne, la Lepre nel paesaggio, un grande dipinto presentato per la prima volta in una mostra; c’è poi l’impressionante galleria di autoritratti, come i dolenti Autoritratto con berretto da motociclista del 1954-55 e Autoritratto del 1957.

Sono presenti, inoltre, altri straordinari dipinti, dai paesaggi bucolici alle Carrozze con postiglione, ad alcune versioni delle Lotta di galli, ad Aquila con volpe della fine degli anni Quaranta, alla Caccia al cinghiale, alla Vedova nera con volatile e alla Testa di tigre della metà degli anni Cinquanta, fino alla Crocifissione.

Gli animali domestici, vengono rappresentati da Ligabue in un’atmosfera agreste, inseriti in paesaggi in cui giustappone le terre piatte della Bassa reggiana, dove visse dal 1919 alla morte nel 1965, e i castelli, le chiese, le guglie, e le case con le bandiere al vento sui tetti ripidi, della natia Svizzera; gli animali della foresta e del bosco: tigri, leoni, leopardi, gorilla, volpi, aquile, di cui conosceva molto bene l’anatomia, vengono spesso colti nel momento in cui stanno per piombare sulla preda, con un’esasperazione di stampo espressionista.

Gli autoritratti costituiscono un filone di altissima e amarissima poesia nell’arte di Ligabue. In essi, il pittore si colloca in primo piano, quasi a occupare tutto lo spazio della scena, sullo sfondo di un paesaggio che pare quasi sempre, salvo rare eccezioni, un dettaglio del tutto ininfluente. In queste opere è presente una perenne e costante condizione umana di angoscia, di desolazione e di smarrimento, un lento cammino verso l’esito finale; il suo volto esprime dolore, fatica, sgomento, male di vivere; ogni relazione con il mondo pare essere stata per sempre recisa, quasi che l’artista potesse ormai solo raccontare, per un’ultima volta, la tragedia di un volto e di uno sguardo, che non si cura di vedere le cose intorno a sé, ma che chiede, almeno per una volta, di essere guardato.

Per questa mostra Skira ha pubblicato un catalogo con testi di Sandro Parmiggiani, Sergio Negri, Giuseppe Amadei, Simona Bartolena, Luciano Manicardi, Sergio Terzi, mentre per tutta la durata della rassegna, è in programma una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti.

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