“Il vaso di Pandora…ultima è la speranza”di Franco Scepi


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Il vaso di Pandora… ultima la speranza, Franco Scepi, cm 250×300

Senza voler entrare nel merito dei vari dibattiti sulla “provocazione “  dell’artista lucerino Franco Scepi con la sua ultima opera  dedicata a Papa Francesco, presentata al pubblico lo scorso 4 marzo 2017, ne: “Il Vaso di Pandora…ultima è la speranza” viene ritratta la figura di Sua Santità a braccia aperte, , ma senza la croce, quasi a  significare l’assenza del “tragico”  nelle nostre vite, ma per contro quasi una  raffigurazione ed una rappresentazione “ tragicomica” attraverso una nudità castigata e  sospesa…

Marco  Eugenio Di Giandomenico,  Docente di Logica e Organizzazione d’Impresa presso l’ Accademia di Belle Arti di Brera di Milano ed economista della Sostenibilità,  ne fa un’analisi critica molto acuta:

« Blasfemo! Empio! Sacrilego! Profanatore! Eretico! Irriverente! Bestemmiatore! … griderebbe il fervente Cattolico alla prima vista dell’opera “Il vaso di Pandora … ultima è la speranza ” di Franco Scepi, esposta per la prima volta a Foggia, presso la Galleria della Fondazione della Banca del Monte presieduta da Saverio Russo, nell’ambito della mostra “Scepi Over Ad’Art. 1957 – 2017 ”, con sottotitolo “Dal Futurismo di Depero all’Over Ad’Art di Franco Scepi. Conseguenze e condivisioni da Andy Warhol a Mario Schifano dai fratelli Norcia a Pongo Painting 3D N.Y. ”, curata da Gaetano Cristino e Nicola Gentile.   L’immagine improbabile è quella dell’amato Papa Francesco, in carne, glabro, seminudo, con un’espressione del viso “stranamente” sorridente e il   vagheggiamento della crocifissione di nostro Signore, senza però alcun indizio di Passione, mancando, oltre alla Croce, qualunque segno che la richiami, vale a dire chiodi, stigmati, lacerazioni, corona di spine, etc.   Nonostante la papalina bianca vediamo un Papa che è un non-Papa, è più l’uomo Bergoglio ante conclave elettivo (o forse, anche, ante inziale investitura  sacerdotale!) piuttosto che Papa Francesco: lo riconosciamo solo per i tratti somatici del viso, per il resto non è lui, ma non tanto perché si tratta di un  evidente sintesi creativa di immagini giustapposte, ma in quanto nulla fa pensare a lui, alla sua umanità profonda, al suo essere strumento attivissimo  del Trascendente.   Scepi, come sempre, è geniale e sorprendente.    Il titolo dell’opera chiama in causa il poeta Esiodo che ci racconta del mito del dono fatto a Pandora da Zeus, il quale le raccomanda di non aprirlo.  Pandora, curiosa, invece, lo scoperchia, liberando così tutti i mali del mondo, vale a dire gli spiriti maligni della vecchiaia, gelosia, malattia, pazzia e il  vizio. Sul fondo del vaso rimane soltanto la speranza, che però non fa in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venga di nuovo chiuso. Con l’apertura  del vaso l’umanità non è più immortale e immune da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, il mondo diviene un luogo desolato ed inospitale simile ad un deserto: solo quando Pandora apre nuovamente il vaso per far uscire anche la speranza il mondo riprende a vivere.   Al giorno d’oggi la locuzione “vaso di Pandora” allude metaforicamente all’improvvisa scoperta di un problema o una serie di problemi che per molto tempo sono rimasti nascosti e che una volta venuti alla luce non sono più celabili. Scepi, sulla scia della grande operazione artistica #Cancellato con cui ha posto la omonima scritta su 22 monumenti in 22 città italiane, denunciando  l’indifferenza dei cittadini verso i monumenti siti nelle piazze italiane e lo stallo istituzionale e sociale per quanto concerne la valorizzazione del grande  patrimonio artistico nazionale, con l’opera “Il vaso di Pandora … ultima è la speranza ” effettua una provocazione ecumenica ancora più incisiva: il focus  si sposta sulla Chiesa contemporanea, che esprime, in alcuni suoi membri, una Fede tiepida, debole, distaccata, apatica.   Ma si può aderire a Cristo solo un po’? Esiste una Salvezza, per così dire parziale, con un’adesione alla Verità non totalitaria?  « Signore, accresci in noi la fede! » (Lc 17,5), chiedono i discepoli a Gesù. E’ una fede che « deve operare “per mezzo della carità” (Gal 5,6; cfr Gc   2,14-26), essere sostenuta dalla speranza (cfr Rm 15,13) ed essere radicata nella fede della Chiesa ».    Lo stesso Papa Francesco si esprime in questi termini (cfr. Omelia Messa di Santa Marta del 10 gennaio 2014): « La Chiesa è piena di cristiani sconfitti, cristiani convinti a metà. Invece la Fede può tutto e vince il mondo, ma occorre il coraggio di affidarsi a Dio … Io oso dire che il termometro della vita della Chiesa è un po’ basso … c’è poca capacità di adorare … e questo perché nella confessione della fede noi non siamo convinti o siamo convinti a  metà … dunque il primo atteggiamento è confessare la fede e custodirla. L’altro atteggiamento è “affidarsi” … e questo ci porta alla speranza. Così come la confessione della fede ci porta all’adorazione e alla lode di Dio, l’affidarsi a Dio ci porta ad un atteggiamento di speranza. Ci sono tanti cristiani con una speranza con troppa acqua, non forte: una speranza debole. Perché? Perché non hanno la forza e il coraggio di affidarsi al Signore. Ma se noi  cristiani crediamo confessando la Fede, anche custodendo, facendo la custodia della Fede, e affidandoci a Dio, al Signore, saremo cristiani vincitori. E questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra Fede! ».   Franco Scepi, con il suo procedere a contrariis, ci dà un grande monito: la necessità di una Fede vera per la salvezza dell’umanità, laddove l’immagine  di Papa Francesco torni ad essere quella del Vicario di Cristo, con una reale condivisione della Croce, momento centrale della Passione e unica via per  la vita eterna. Il suo scherzo iconografico, che può ferire la coscienza del vero Cristiano, ha la stessa pregnanza del peccato, rivelatore dell’assenza del   Signore e del deserto della morte.  Il titolo all’opera, invece, rivela il pessimismo teleologico scepiano, il suo percorso di Fede ancora incerto e sempre alla ricerca di se stesso, allude quasi a una situazione che ha scarse possibilità di risoluzione: c’è una presa d’atto della tragedia oscurante in corso, ma manca qualsivoglia spiraglio di Luce, per l’artista il “vaso” scoperchiato non è un vaso qualunque, bensì è il vaso di Pandora, quello che concerne fatti non più nascondibili, anche se aleggia sempre la “speranza” riequilibratrice e riparatrice del declino spirituale dell’essere umano. Scepi di comunicazione se ne intende e, questa volta, fa qualcosa di più: scoperchia le nostre miserie evidenti che troppo spesso decidiamo di non vedere come struzzi con la testa sotto la sabbia», Marco Eugenio Di Giandomenico.

L’opera di Scepi dedicata a Papa Francesco  sarà visibile sino all’8 aprile 2017  presso la Fondazione Banca del Monte di Foggia, nell’ambito della mostra antologica  con la curatela di G. Cristino e N. Gentile:    “ Scepi Over Ad’ Art, 1957-2017, Dal Futurismo di Depero all’Over Ad’Art di  Franco Scepi. Conseguenze e condivisioni da Andy Warhol a Mario Schifano dai fratelli Norcia a Pongo Painting 3D N.Y. “, un’esposizione che ripercorre le tappe più significative e  provocatorie  dell’arte di questo  grande artista.

Daniela Paties Montagner

 

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