ConiglioViola. Le notti di Tino di Bagdad


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Allo Studio Museo Francesco Messina di Milano e in altre dieci sedi della città, fino al prossimo 1 aprile 2017 è visibile la mostra di ConiglioViola (duo artistico fondato nel 2000 da Brice Coniglio e Andrea Raviola) “Le notti di Tino di Bagdad”, esperimento post-cinematografico di arte pubblica che combina l’utilizzo di nuove tecnologie, quali la Realtà Aumentata, con il recupero di tecniche tradizionali: dalle incisioni su rame al Teatro delle Ombre e che trasforma lo spazio urbano in un “cinema diffuso”, come una caccia al tesoro il cui obiettivo non è altro che la ricostruzione del senso di una narrazione.
L’inizio della visita avviene con “Le notti di Tino di Bagdad” (1907) di Else Lasker-Schüler. Le fiabe espressioniste “orientali” della poetessa tedesca sono un piccolo caleidoscopio di contaminazioni inattese: il fascino dell’esotismo e l’esperienza della metropoli moderna, il richiamo delle radici ebraiche e il gusto per la sperimentazione avanguardistica, l’indagine pittorica e il manierismo letterario, il gioco infantile e l’erotismo. La protagonista è Tino, principessa e poetessa d’Arabia, costretta a rinunciare alla vita per rendere immortale la poesia.
Giocando sulla struttura non lineare del testo, ConiglioViola ne ha lacerato la trama per dare vita a ventisei episodi autonomi, ognuno dei quali ha ispirato una diversa tavola incisa sul rame e un diverso episodio cinematografico da fruire in realtà aumentata.
Negli spazi del museo le opere vengono presentate all’interno di piccoli lightbox realizzati in cemento a forma di finestra araba. Basta inquadrare le opere attraverso il proprio smartphone, utilizzando l’app gratuita, per osservare le immagini prendere vita sul proprio display e ammirare i video realizzati combinando animazione digitale, animazione a mano e le performance di danzatori.
Oltre ai lightbox in cemento, sono esposti il dittico animato di grandi dimensioni “Tino und Apollides” ispirato a una delle scene più celebri de “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini e un cortometraggio di animazione, proiettato sulla vetrata del museo.
Nella cripta, invece, si trovano le opere e i manufatti realizzati durante il complesso processo di produzione: le incisioni su rame, le foto realizzate durante le riprese del film, i disegni preparatori, le maschere di grandi dimensioni realizzate dagli artisti e indossate da attori e danzatori durante le riprese, infine il documentario che illustra l’intera preparazione del progetto.
Ognuna delle altre dieci sedi sparse nella città di Milano, alle quali si giunge attraverso una mappa dedicata, ospita una diversa tappa del racconto per ricostruire gli episodi di una narrazione che varia con il variare di ogni singolo itinerario.
Il viaggio può iniziare da qualsiasi punto: si tratta di un gioco attraverso il quale bisogna ricostruire una storia e poi condividerla, perché l’ultimo invito che gli artisti rivolgono al pubblico è quello di tornare a casa e riscrivere il testo. Una ricombinazione delle tessere che produce una moltiplicazione delle narrazioni, attualizzando nello spazio urbano le teorie della Letteratura Combinatoria e trasformando lo spettatore in co-autore.
La mostra è curata e prodotta da Kaninchen-Haus con il sostegno della Fondazione Cariplo, con la collaborazione di care/of e con la consulenza scientifica di Nicoletta Castellaneta, Giancarlo Lacchin, Davide Crippa, mentre la mappatura degli spazi off è realizzata in collaborazione con Terzo Paesaggio.

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