È stata inaugurata l’11 febbraio negli spazi del Museo Civico di Sansepolcro la mostra “Nel segno di Roberto Longhi. Piero della Francesca e Caravaggio”, curata da Maria Cristina Bandera, direttrice scientifica della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi. Resterà aperta fino al 4 giugno dopodiché lascerà spazio a un’altra mostra, “Luca Pacioli tra Piero della Francesca e Leonardo”, dedicata al matematico che con i suoi studi influenzò non pochi artisti rinascimentali (tanto per fare un esempio il “De Divina Proportione” fu illustrato proprio da Leonardo).
Può sembrare ardito accostare due artisti così distanti tra loro quali Piero e Caravaggio, ma non lo è se il filo conduttore è Roberto Longhi, lo storico dell’arte che ebbe il merito e la lungimiranza di riscoprirli. Già in gioventù Longhi cominciò a capire che Piero andava analizzato non solo riferendosi alla sua ascendenza fiorentina, ma soprattutto nella sua discendenza veneziana, abbattendo così quello che fino allora era considerato un tabù già dai tempi del Vasari, ovvero il dialogo e le possibili tangenze tra la scuola toscana e quella veneta. Lo stesso dicasi per il Merisi del quale Longhi comprese per primo l’assoluta modernità. Fu lui a curarne la prima mostra organica nel 1951 a Milano, dove cercò in ogni modo di cancellare l’immagine romantica del pittore “maudit” (tornata in auge ai giorni nostri) a vantaggio del suo talento artistico e del suo rivoluzionario linguaggio.
Quali opere sono presenti alla mostra di Sansepolcro? Senza dubbio quelle di Piero, che qui – inutile specificarlo – gioca in casa. Sarà dunque possibile ammirare il Polittico della Misericordia, appena tornato dalla trasferta milanese a Palazzo Marino, l’affresco staccato raffigurante San Giuliano, nonché la celebre Resurrezione di Cristo («Si trema illusi per quel piede risorto, così scorciato, da presso, sulla bocca del sepolcro»).
Di Caravaggio non poteva mancare il Ragazzo morso da un ramarro, olio su tela dipinto verso il 1595, che Longhi acquistò nel 1928 per la sua collezione. «Parea quella testa veramente stridere», disse Giovanni Baglione quando lo vide la prima volta, confermando in tal modo le intenzioni del maestro quando affermò che «appresso di me un pittore valenthuomo è uno che sappi dipinger bene et imitar bene le cose naturali».
È esposta anche la tavola di Ercole de’ Roberti che sul recto raffigura un Ritratto di giovane e sul verso un Ritratto di giovane donna. Un’ulteriore conferma dell’influenza di Piero bene analizzata da Longhi nel volume “Officina ferrarese” del 1934. Inoltre, accanto alle opere menzionate, saranno esposti documenti provenienti dall’archivio, dalla biblioteca e dalla fototeca della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi.
Per ulteriori informazioni sulla mostra: www.mostrapieroecaravaggio.it