Da oggi, 16 novembre e fino al 19 febbraio 2017, la Galleria Borghese di Roma ospita una interessante mostra curata da Anna Coliva e Davide Dotti, dal titolo “L’origine della natura morta in Italia. Caravaggio e il Maestro di Hartford”, con la quale il Museo intende sia proseguire l’opera di valorizzazione del proprio patrimonio artistico, sia analizzare le origini della natura morta italiana nel contesto romano della fine del XVI secolo, seguendo i successivi sviluppi della pittura caravaggesca dell’inizio del ‘600.
In questo percorso si evidenzia una rivoluzione iconografica e concettuale dovuta a Caravaggio allorché, intorno al 1597-98, dipinse a Roma la celeberrima Canestra, ora conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano e presente in mostra. Questa opera decreta la nascita del genere della natura morta, quale rappresentazione fedele e oggettiva di un brano di natura svincolato dalla figura umana. Per la prima volta le umili “cose di natura” assurgono al ruolo di protagoniste della rappresentazione pittorica, dal momento che per il Merisi non esisteva distinzione tra “pittura alta” di historia e “inferior pittura”.
Assieme a Caravaggio, sono anche esposte le opere del Maestro di Hartford, pittore attivo nella cerchia del Cavalier d’Arpino, il quale si guadagnò un ruolo chiave per la diffusione della nuova iconografia, essendo il più antico specialista di natura morta attivo a Roma tra XVI e XVII secolo. Oltre ai due capolavori della Galleria Borghese, alla tela eponima del Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford e all’Allegoria della Primavera ultimata da Carlo Saraceni, sono esposti altri quattro dipinti del misterioso pittore, alcuni mai presentati prima al pubblico.
Nella seconda sezione della mostra si trovano, invece, rare tele del “Maestro del vasetto” e del “Maestro delle mele rosa dei Monti Sibillini”. Mentre la terza sezione è dedicata ai pittori che frequentarono l’Accademia istituita dal marchese Giovanni Battista Crescenzi nel suo Palazzo alla Rotonda, adiacente al Pantheon. Sulla scorta delle fonti antiche, sono esposte tele di Pietro Paolo Bonzi detto Gobbo dei Carracci, del Maestro della natura morta Acquavella, che la critica è propensa ad identificare con Bartolomeo Cavarozzi, e dello stesso Crescenzi.