Si aprirà domani, 21 ottobre e rimarrà allestita fino al 5 febbraio 2017, al MAN di Nuoro, la mostra “Soggettivo-Primordiale”, a cura di Tayfun Belgin e Lorenzo Giusti, con la quale viene proposta una riscoperta dei movimenti dell’espressionismo tedesco attraverso una selezione di oltre cento opere provenienti dalla collezione dall’Osthaus Museum di Hagen, dedicato al grande collezionista Karl Ernst Osthaus, uno dei padri sostenitori dell’avanguardia artistica e architettonica europea.
Questa mostra pone l’accento in particolare su due aspetti fondamentali, che legano tra loro le ricerche artistiche delle diverse correnti dell’espressionismo: la volontà di sviluppare una nuova forma di espressione soggettiva, libera da condizionamenti letterari, simbolici o tematici e la ricerca di valori primordiali, da ritrovare sia nella vita delle città, sia, e soprattutto, nel contesto naturale.
Autori come Ernst Ludwig Kirchner, Otto Mueller ed Emil Nolde indagarono l’espressione dei corpi umani, guardando sia ai lavoratori delle province tedesche sia ai nativi delle colonie lontane.
Nolde in particolare, e con lui Max Pechstein, intraprese lunghi viaggi nei territori coloniali tedeschi d’oltremare, nel Sud del Pacifico, mentre Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff si dedicarono invece al tema del paesaggio, lavorando spesso a Dangast, nel territorio morenico del Mare del Nord, dove realizzarono opere di grande originalità, dai colori accesi e brillanti, ricche di movimento e di pathos.
A queste tendenze si affiancò anche la ricerca di nuove forme, più individuali, di religiosità, da cui la riscoperta soprattutto dei temi della Passione di Cristo, a cui si dedicò, oltre allo stesso Nolde, anche Christian Rohlfs. Quest’ultimo, in particolare, insieme a Kirchner e Nolde, fu uno degli artisti dell’espressionismo maggiormente amati da Osthaus e per ben trentasette anni mantenne il proprio atelier all’interno dell’edificio che ospitava la collezione del grande mecenate, il Folkwang Museum, inaugurato ad Hagen nel 1902 grazie al contributo di Henry Van de Velde, che ne curò l’arredamento e la decorazione interna.
In forme diverse anche Franz Marc e Alexej von Jawlensky testimoniarono una profonda tensione spirituale, che nel primo trovò espressione negli scenari che circondano i suoi celebri animali e nel secondo si manifestò invece nelle realizzazione di figure iconiche, sulla scia della tradizione pittorica orientale, portata avanti, in maniera quasi ossessiva, a partire dal 1911.
Questa mostra, che è realizzata in collaborazione con l’Institut für Kulturaustausch (Tübingen), è completata con una serie di lavori di Max Pechstein, Lyonel Feininger, Max Beckmann, Max Liebermann, Conrad Felixmüller e Gabriele Münter.