Il capolavoro di Giovanni Bellini “La Trasfigurazione di Cristo” diventa l’“Ospite Illustre” di Vicenza dall’8 ottobre al 26 febbraio 2017, alle Gallerie d’Italia, Palazzo Leoni Montanari, per iniziativa di Intesa Sanpaolo e dopo 4 secoli.
Esso sarà al centro di una mostra dossier qui, nella sede museale e culturale della Banca a Vicenza, in tal modo inserito nell’Itinerario Belliniano promosso della Città, itinerario che, nel cuore della città, offre due altri capolavori del grande artista: il “Battesimo di Cristo”, in Santa Corona e il “Cristo crocifisso”, in Palazzo Chiericati.
Per Vicenza quello della Trasfigurazione rappresenta un grande ritorno: questo magnifico olio su tavola (115 cm x 154 cm) venne commissionato al Bellini per essere collocato sull’altare della cappella Fioccardo della Cattedrale di Vicenza.
Nel 1613 la cappella venne diversamente destinata e l’opera belliniana rimossa. La si ritrova più avanti nella Collezione Farnese a Parma. Con il passaggio degli eredi Farnese a Napoli, nel 1734 anche il Bellini seguì Carlo di Borbone. Prima collocato a Palazzo Reale, entrò poi nella Collezione Farnesiana di Capodimonte. Qui la qualità del dipinto colpirà i generali francesi che nel 1799 lo prelevano destinandolo oltralpe. Fortunosamente, nella tappa romana, riuscì il recupero dell’opera. Il tentativo francese di appropriarsene si ripete nel 1806, sventato da Ferdinando IV che salva il suo Bellini trasferendolo a Palermo.
Nel dipinto Gesù trasfigurato rivela la sua natura divina alla presenza di tre apostoli: egli indossa delle vesti bianche, che hanno il nitore, la trasparenza e la bellezza delle nuvole. Gesù è il centro di tutto il discorso compositivo. L’inquadratura è frontale: le mani aperte, secondo il gesto degli antichi oranti, classico ed insieme cristiano, autorevole e soave. I Profeti “conversano” con lui della sua imminente passione e morte. Sono posti ai lati di Cristo: a sinistra, Elia, ammantato di rosa; a destra, Mosè, vestito di ocra rosato e rosso con in mano un cartiglio. Ma a colpire è anche l’ambientazione: un ampio paesaggio veneto e padano, dove sono riconoscibili il campanile della Basilica di Sant’Apollinare in Classe e la Tomba di Teodorico a Ravenna, e dove si vede una campagna solcata da sentieri, sullo fondo di colline e montagne che si perdono lontane all’orizzonte, sovrastate da cieli popolati da nuvole bianche e gonfie nel vento.
Altro capolavoro belliniano è il “Battesimo di Cristo”, in Santa Corona. La grande pala (misura 4 metri in altezza per 263 cm di base), è dipinta a olio su tavola e firmata sulla roccia in basso dall’autore. Datata tra il 1500 e il 1502, è tra le prime nella produzione dell’artista a mostrare un’immersione pacata delle figure nello spazio che le circonda, attraversate dalla luce e dall’aria.
Infine, in Palazzo Chiericati, il “Cristo crocifisso”, dipinto in cui Bellini colloca il solo Cristo crocifisso in un ambiente del tutto atipico, caratterizzato da tre lapidi tombali che forma ed iscrizioni dichiarano ebraiche, in un paesaggio extraurbano prossimo a una città che appare a un tempo reale e ideale.
Intorno alle tre opere di Bellini a Vicenza si costruirà dunque un percorso tale da esaltare il ruolo di primo pittore italiano avuto dall’artista al suo tempo, vero unificatore in un unico linguaggio dei tanti dialetti artistici della penisola.