Sembra un vero e proprio grido di aiuto, oltre che di allarme, quello lanciato dal Sovrintendente di Roma Capitale Claudio Parisi Presicce durante l’audizione in Commissione Cultura al Comune di Roma Capitale: “la situazione è grave” e in alcuni casi c’è addirittura il rischio di “perdita del bene stesso”.
Il problema principale, come capita spesso quando si parla di beni culturali, riguarda i fondi, ma in questo caso la gravità sta nel fatto che manchino addirittura quelli per la manutenzione ordinaria; è pur vero che il patrimonio della Capitale è di gran lunga il più vasto e concentrato al mondo, ma c’è anche da considerare che questo è una risorsa e come tale andrebbe tutelato, mantenuto e reso fruibile. Nulla di tutto ciò. L’allarme lanciato è preoccupante anche in ottica sistemica, sia per la città che per il Paese intero: si tratta di un patrimonio che è italiano per il luogo in cui si trova, ma riguarda tutta la cultura occidentale e, perché no, mondiale; un’eventuale perdita sarebbe danno inestimabile per tutti (italiani e non) oltre che un sintomo di grave irresponsabilità delle nostre istituzioni.
L’augurio è che non si arrivi a questo, ma bella figura già non la si sta facendo: infatti secondo quanto riportato dall’autorità capitolina alcuni di questi beni non sono fruibili, sono chiusi al pubblico; il bene c’è, ma è come se non ci fosse: difficile trovare un senso alla cosa e il paragone che fa lo stesso Presicce è calzante e va oltre al discorso meramente culturale per toccare quello economico dicendo che “[…] possiamo rappresentare [il bene non accessibile] come una stanza chiusa nell’ambito della nostra casa. E, guarda caso, è proprio quella stanza dove conserviamo le derrate alimentari: ciò che serve per sostentare chi abita questa casa.”
La Sovrintendenza, da par suo, ha redatto delle schede per ogni monumento, riportando gli interventi e fondi necessari per realizzare gli stessi stabilendo anche dei livelli di priorità ( o se vogliamo di gravità della situazione). Da tutto questo si evince che a Roma mancano 30 milioni di euro per risolvere le problematiche più urgenti, riferite a dieci opere, tra le quali spiccano le mura gianicolensi e alcune parti dello stesso Palazzo Senatorio, oltre che Villa Sciarra e Villa Pamphilj.
“Purtroppo va detto che dal 2014 la sovrintendenza non ha più fondi per la manutenzione ordinaria. Quello che spendiamo sono introiti che derivano da concessioni e da diritti di immagine. Ma abbiamo a che fare con immense necessità accumulate nel tempo.
Per molti anni gli appalti per la manutenzione ordinaria erano tre da tre milioni di euro ciascuno. Nel 2014, però, siamo scesi a una cifra irrisoria e sono state assegnate solo due somme da 700mila per il centro e 500mila per il suburbio”: ecco il vero grido di allarme del Sovrintendente che non vuole essere, ma (a mio avviso) potrebbe benissimo, un j’accuse verso una colpevole disattenzione nella programmazione economica delle istituzioni che tralasciano questioni del genere; se è vero che tali interventi impegnerebbero cifre importanti in valore assoluto, ciò cambierebbe cambiando punto di vista e ragionando in percentuale di quanto si amministra, nella sua totalità… soprattutto comprendendo che stiamo parlando del nostro patrimonio, di quello che rappresenta la nostra storia, di ciò per cui le persone vengono da tutto il mondo a visitare il territorio creando lavoro e reddito per i cittadini, oltre che introiti fiscali per le istituzioni pubbliche!