A cento anni dalla scomparsa di Federico Zandomeneghi (Venezia 1841 – Parigi 1917), Francesca Dini e Fernando Mazzocca, curano una mostra antologica a lui dedicata e allestita a Palazzo Zabarella di Padova, da domani, 1 ottobre, al 29 gennaio 2017.
La mostra, promossa dalla Fondazione Bano, è composta da cento opere tra dipinti a olio e pastelli, che provengono dalle più importanti e prestigiose istituzioni pubbliche, tra cui la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti di Firenze, la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, il Museo Civico di Palazzo Te di Mantova, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia, nonché da raccolte private italiane, inglesi, francesi e svizzere, che ripercorrono, fin dai suoi esordi, la straordinaria carriera di Zandomeneghi, testimone e protagonista principale del passaggio da un realismo impegnato, con quadri di denuncia sociale, a una pittura che ha saputo interpretare in maniera molto personale le novità dell’Impressionismo.
Egli è considerato un pittore della vita moderna: è stato sulla scintillante scena parigina tra ‘800 e ‘900 ed è stato il cantore della donna emancipata, rappresentata nei vari momenti della quotidianità, dal rito della toilette alla passeggiate al Bois, dalla lettura alle serate mondane a teatro.
Attraverso uno stile inconfondibile e un uso raffinatissimo della tecnica, tanto a olio che a pastello, Zandomeneghi ha fissato sulla tela, le fisionomie, i gesti, il fascino della Belle Époque, creando l’immaginario femminile della donna parigina.
Il percorso espositivo, iniziando dai quadri realisti degli esordi, fa riscoprire un vero talento e una personalità artistica finora non adeguatamente valorizzati, attraverso dipinti in gran parte sconosciuti al grande pubblico.
La mostra ripercorre soprattutto i suoi trascorsi a Parigi, città in cui Zandomeneghi si trasferisce dal 1874 e dove entra in contatto con gli Impressionisti, in particolare Degas e Renoir, inserendosi da protagonista, insieme a De Nittis e Boldini, in quella straordinaria officina della cosiddetta “pittura della vita moderna”.
Il percorso della mostra si concentra quindi sul periodo compreso tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e nei primi anni del nuovo secolo, in cui Zandomenghi consolidava sempre di più la sua posizione originale all’interno del movimento impressionista, diventando l’interprete della nuova sensibilità femminile e di atmosfere mondane, qui testimoniata da opere come La toilette, Il ricciolo e Il risveglio, in cui le donne protagoniste vengono audacemente sorprese in pose di un’assorta intimità, o da altre come Allo specchio, L’ultima occhiata, Il giubbetto rosso e Colloquio al tavolino.
La rassegna si inoltra nella sua stagione più matura, dove Zandomeneghi affronta un motivo particolarmente seducente come quello del rapporto tra la figura e la natura morta di fiori, allora trattato da pittori quali Van Gogh, che si trova declinato a partire da La fête o ne La fioraia di Montmartre, o anche in Deux jeuene filles arrangeant des fleurs, Femme arrangeant des fleurs, e si chiude con Matinée musicale, forse il capolavoro finale di Zandomeneghi, eseguito per Durand-Ruel, il mercante degli Impressionisti che è stato il suo grande sostenitore.