Quale arte farà la storia della nostra epoca?
Il giudice principale sarà il tempo, così com’è sempre avvenuto, l’unico veramente imparziale che saprà selezionare le opere giuste a rappresentare la nostra creatività.
Sarebbe interessante conoscere ora i giudizi dei nostri posteri.
Certo è che oggi tutti ci sentiamo un po’ o molto artisti, anche quando è ben evidente che nel nostro prodotto c’è poca arte.
Sarà per l’inclinazione al protagonismo, per la vocazione alla notorietà, ma anche per una buona dose di presunzione, di scarsa autocritica e soprattutto per il desiderio di diventare contribuenti della storia, di essere ricordati per qualcosa che siamo riusciti a regalare alla società, che ce la mettiamo tutta per imporci all’attenzione.
L’aspetto positivo è che nelle nostre intenzioni siamo protesi a dare il meglio di noi per migliorare il nostro mondo e questo aiuta a sollevare lo spirito individuale, sì per se stessi e per sentirsi meglio e realizzati, ma anche, come conseguenza logica e automatica, per tutti gli altri.
Seguendo questa riflessione e considerando che i cosiddetti Maestri del passato sono diventati tali grazie alla loro genialità, per aver apportato cambiamenti, regole, invenzioni al fare arte, ognuno si impegna con dedizione a spremere le proprie meningi e a far ubbidire le proprie mani a idee chissà quanto innovative.
Accanto ai “creatori”, servono anche coloro che ne riconoscono i valori e ne promuovono l’attività, coloro che in passato erano i mecenati e i grandi committenti che nutrivano la vena artistica, facendo lavorare quelli che un tempo erano bravi artigiani e consegnando le loro opere alla storia e al futuro.
Oggi queste figure sono state sostituite dalla comunicazione e ogni artista deve promuovere se stesso per permettere che il pubblico lo possa conoscere. Lo fa facendosi aiutare da critici, operatori culturali, pubblicazioni i quali rappresentano lo strumento per parlare al pubblico.
Invece, le istituzioni pubbliche, l’equivalente dei mecenati del passato, guardano altrove e si curano di ciò che è stato, inducendoci a pensare che: o non sono in grado di distinguere ciò che è prodotto oggi vale culturalmente e hanno paura di sbagliare ed essere criticati, quindi (quando va bene) si curano solo delle cose storiche o sono convinti in assoluto che ciò che viene creato oggi non vale nulla.
Sarà il caso di ricordare loro che se anche nei secoli scorsi, come oggi, non ci fossero stati committenti intelligenti, colti, avveduti, oggi non saremmo dotati di un patrimonio artistico così ricco? Che i nostri avi hanno davvero pensato a noi lasciandoci opere che il mondo non solo ci invidia, ma viene fin qui per vederle? Che tutto questo ha permesso ai loro spiriti di goderne e di permetterlo anche alle generazioni a venire? Costituendo, tra l’altro, anche un bene economico. Di ricordare loro che se permettiamo l’interruzione della storia dell’arte, nel futuro ci sarà un buco nella nostra epoca?