di Luca Baldazzi
Come l’estate scorsa, anche quest’anno ritorna la mostra della grafica di Massimo Dolcini promossa dal Credito Valtellinese, ma, questa volta, a Sondrio dal 15 luglio al 7 ottobre e sarà allestita in due sedi: nella Galleria del Credito Valtellinese e al MVSA, Palazzo Sassi de’ Lavizzari a Sondrio.
Massimo Dolcini è considerato un protagonista della storia della grafica e della comunicazione italiana. Ma è anche di più: è infatti stato, con il suo lavoro, uno dei più convinti promotori della “cittadinanza attiva”. I cittadini, tutti i cittadini, nella sua visione della politica e della società, debbono sentirsi, ed essere, protagonisti delle scelte che li riguardano.
Per poter essere protagonisti, e non solo spettatori passivi, la prima necessità, il primo passaggio, è l’essere informati di ciò che la Pubblica Amministrazione, nel suo caso principalmente il Comune, sta facendo.
Dolcini, operando in un territorio all’epoca marginale come le Marche, si ricavò un ruolo da protagonista, meglio da apripista, per quella che sarebbe stata conosciuta come la “grafica di pubblica utilità”, ovvero la grafica al servizio degli utenti, dei cittadini. Espressione, e frutto, di quel particolare momento storico e politico vissuto dalle amministrazioni pubbliche tra il 1971 ed il 1989. E tuttavia più che mai attuale.
La mostra, che a Sondrio rievoca l’attualità di quell’esperienza, è curata da Mario Piazza, con la direzione di Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra e consente di spaziare nell’immaginario del grafico e capire in profondità il suo pensiero e la sua opera. L’esposizione presenta Dolcini nei suoi molteplici volti: grafico, progettista, fotografo, disegnatore, ceramista, imprenditore, didatta, gastronomo, operatore culturale, manager, appassionato uomo civile e artista. Senza tralasciare un aspetto più privato e personale di Dolcini rappresentato, per esempio, dai taccuini che lui stesso disegnava per le figlie, presto pubblicati per la prima volta da Corraini Edizioni.
I suoi esordi risalgono al 1971 quando viene incaricato della comunicazione del Comune di Pesaro ed egli sceglie la strada dell’approccio diretto, comunicativo, riconoscibile. L’obiettivo è di far “parlare” le Istituzioni con i cittadini, coinvolgendoli nel processo dell’amministrare la cosa pubblica. Attraverso i suoi manifesti dal segno inconfondibile, affissi quotidianamente sui muri pesaresi per oltre vent’anni, la cittadinanza veniva informata capillarmente di ogni evento di qualche rilevanza sociale, politica, culturale, urbanistica e sanitaria
Lavoro per cui Dolcini definiva se stesso “grafico condotto”, vedendosi come operatore impegnato in prima persona nel progetto sociale in cui immetteva tutto il suo talento. Nate per Pesaro e i pesaresi, le sue campagne di pubblica utilità diventano presto un vero punto di riferimento per la grafica in Italia, stimolando un dibattito di respiro nazionale sulla progettazione dell’immagine pubblica e facendo conoscere il lavoro di Dolcini e del suo studio Fuorischema a livello internazionale. La favorevole situazione economica e industriale del pesarese lo aiutò a tradurre in pratica l’idea di una evoluzione della figura di “artigiano-designer” ad una forma di “impresa della comunicazione”, come lui stesso soleva definirla e dove venisse preservata e potenziata la qualità del fare e la trasmissione e condivisione delle conoscenze.
È in quest’ottica che la necessità di una riappropriazione diretta da parte di Dolcini delle tecniche della cultura materiale (illustrazione, tessitura, ceramica, orto, cucina…) diventa una necessità evidente, che di fatto affianca pariteticamente la dimensione strettamente professionale.