Michelangelo Galliani. Ad integrum


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La mostra personale dello scultore Michelangelo Galliani (Montecchio Emilia, 1975) “Ad integrum” è allestita, fino al 19 novembre, nella Basilica di San Celso a Milano ed è realizzata a cura di Angela Madesani, promossa dalla galleria Cris Contini Contemporary ed organizzata dall’associazione culturale lartquotidien in collaborazione con il Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso.

Il titolo della mostra allude alla forza del frammento, elemento poetico ed evocativo che, come simbolo di umanità perduta, della parte per il tutto, riesce a significare l’unità.

Michelangelo Galliani, Twins, 2020, marmo bianco di carrara e acciaio inox, cm 97x97x95

Il percorso espositivo comprende quattro sculture di grandi dimensioni, tra cui l’opera inedita “Twins” (2020), in marmo bianco di Carrara, che ritrae una bambina seduta sul dorso di una testuggine, alludendo al più famoso paradosso di Zenone di Elea (Achille e la Tartaruga) e alla frammentazione del tempo. Nascono, invece, come frammenti di corpi le opere intitolate “Fuggi” (2018) e “Rebus vitae” (2018), realizzate rispettivamente in marmo dell’Altissimo e marmo statuario di Carrara. Nei pressi dell’altare della basilica, un tempo sepolcro del martire al quale essa è dedicata, trova infine collocazione la scultura in cera vergine d’api intitolata “Col tempo” (2010): un’opera che raffigura una donna esanime distesa su un letto di piombo, la cui postura richiama la Santa Lucia del Caravaggio, con l’aggiunta di un ex voto ottocentesco a forma di cuore. Ad accomunare le opere in mostra è anche il tema del tempo che, con il suo passaggio, lascia dietro di sé frammenti di storia e di memoria, in cui si esplica la poesia della vita e il suo fluire senza sosta. 

Precisa Angela Madesani: “L’opera di Michelangelo Galliani è l’esito di un processo e non certo la tappa di un’evoluzione. È il tentativo, riuscito, di fare un lavoro contemporaneo con un materiale, il marmo, della tradizione, con il quale ha sin dall’inizio un rapporto viscerale. Negli anni Novanta, quando l’artista ha iniziato a lavorare il marmo, a differenza di oggi, veniva considerato superato, troppo legato alla tradizione, desueto, utilizzato solo da taluni virtuosi e non dagli artisti di riferimento del sistema. La sua, come quella di altri artisti della sua generazione, non è stata una scelta prevedibile, facile, accettata, anzi, è costata fatica, determinazione, prese di posizione. Nonostante questa difficoltà, che oggi non è più tale, è importante sottolineare che la materia, il marmo è e resta un mezzo e non il fine del suo operare. Una materia funzionale al senso del lavoro, così come il piombo, la cera, l’acciaio specchiante…”.

Nel progetto risulta, infine, di fondamentale importanza il dialogo tra contenitore e contenuto, tra gli spazi della Basilica romanica di San Celso, nota almeno dall’VIII secolo d.C. e parzialmente ricostruita nel XIX secolo ad opera dell’architetto neoclassico Luigi Canonica, e le opere di Michelangelo Galliani, che si è sempre posto in relazione con il concetto di classico.

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